lunedì 31 ottobre 2011

CENA AUTUNNALE VEGANA BY ORANGE CHEFFES AD AVIANO


CENA AUTUNNALE VEGANA 
by Orange Cheffes (Giacomo Forato e Marianne Muntendam) 

domenica 13 novembre alle ore 19.30 
Osteria dei Poeti - Piazza Duomo16, Aviano
Prenotazione obbligatoria- tel.329.2175777
prezzo: € 25,00 a persona


"Almeno per oggi, gli animali ti saranno grati"

Menù:

- insalata mista con verza, pomodori secchi, anacardi,mela/pera, uva sultanina, olive, capperi, condita con olio di oliva extra vergine e tamari;

- zuppa di zucca al latte di cocco;

- lasagne di pane azimo, spinaci;

- polpette carote/porro e tofu;

- cavolfiore e broccolo al forno con curcuma;

- patata al cartocio con speciale salsa di yogurt (veg naturalmente);

- I DOLCI DI MARIANNE (a sopresa).

Il menù potrebbe subire delle variazione in base alla disponibilità della verdura di stagione

Suoneranno i "St.John Upon the Fired House"

sabato 29 ottobre 2011

COS'È IL BAREFOOT E PERCHÉ LA LAV LO SOSTIENE



Si è diffusa da tempo immemore la scuola di pensiero secondo la quale i cavalli debbano essere ferrati, soprattutto quelli usati per le discipline sportive, tanto amatoriali quanto professionali.

Quando si affronta il discorso con cavalieri o gestori di maneggi, spesso ci si sente dire:
"Tu cammineresti scalzo sui sassi? Perché ti metti le scarpe? Ebbene, i ferri sono le comode scarpe del cavallo!"
Un'affermazione capace di fare presa e di risultare logica, tanto che la stragrande maggioranza delle persone ritiene normale la ferratura e, anzi, la considera come un importante indice di cura del piede.
Per capire la portata di questo pensiero, vi basti considerare quanti animalisti, o volontari per la protezione degli animali, segnalino alle associazioni che si occupano di tutela degli equidi cavalli che vivono in libertà, elencando, nelle motivazioni del presunto maltrattamento, anche l’assenza dei ferri.

Però il cavallo nasce scalzo. Non è stata la natura a dotarlo di ferri, ma l'uomo.

Davvero questa pratica assicura benessere al cavallo e viene effettuata a suo esclusivo beneficio?


Se i ferri sono veramente indispensabili, allora come fanno i cavalli bradi a stare senza?
C'è il rischio che sviluppino qualche patologia a carico del piede?
La loro unghia è più fragile?

La ferratura è uno dei risultati della scuderizzazione del cavallo, ovvero del suo mantenimento in condizioni oltre che innaturali anche inidonee.

Infatti, i cavalli devono vivere in ambienti ristretti, senza possibilità di muoversi e pertanto di consumare l’unghia, come avviene per i soggetti che vivono allo stato brado o semi-brado, e inoltre permangono a lungo sulle loro stesse deiezioni, quindi a contatto con le esalazioni ammoniacali prodotte dall’urina.

Possiamo ragionevolmente dire che la ferratura è un mezzo per porre rimedio al danno conseguente la stabulazione, ma oltre a non essere risolutivo e a costringere il cavallo alla continua opera del maniscalco, produce a sua volta altri danni che, ovviamente, ricadono sul cavallo.

Per correttezza di informazione, e per fornire una più ampia panoramica del tema anche ai non esperti di cavalli, elenchiamo le motivazioni a supporto della ferratura.

Il punto di vista tradizionale: perché ferrare il cavallo.
Le cause dell'indebolimento dello zoccolo del cavallo domestico, che vengono comunemente invocate per sostenere la necessità della ferratura, sono le seguenti:
Nutrimento meno sano:
Erbe verdi, rami e cespugli, consumati allo stato selvatico, sono ricchi di nutrienti come il beta carotene. I foraggi coltivati perdono una parte notevole del loro carotene entro poche ore dalla raccolta, e quindi non forniscono al cavallo questo componente vitale della dieta. Lo zoccolo è fatto di sostanza cornea, proprio come l'unghia dell'uomo, e cresce duro, robusto e flessibile solo con una nutrizione ottimale.
Terreno meno vario:
In natura i ferri non sono necessari perché il cavallo cammina e pascola continuamente su un'ampia varietà di terreni. La conseguenza di questo movimento continuo sul piede del cavallo è che i loro piedi vengono consumati fino ad assumere una forma piccola, liscia, regolare e dura. La continua stimolazione della suola la mantiene spessa e dura, proprio come un callo. Tuttavia, allo stato domestico, il normale movimento del cavallo copre una distanza giornaliera molto minore. Quindi, gli zoccoli si induriscono molto di meno e sono maggiormente soggetti a traumi.
Peso aggiuntivo:
Gli zoccoli dei cavalli si consumano rapidamente quando sono sottoposti al peso di un cavaliere o di un carico o allo stress aggiuntivo del traino di un carro.
Clima più umido:
I cavalli si sono spostati dalle steppe più aride ai climi più umidi dell'Europa settentrionale. Questo clima più umido ed i terreni pesanti hanno indebolito i loro zoccoli e li hanno resi più soggetti a rovinarsi, rendendo necessaria la ferratura; infatti, fu proprio nell'Europa settentrionale che la ferratura cominciò a venire applicata regolarmente.
Esposizione all'ammoniaca:
Gli zoccoli dei cavalli mantenuti in stalle o in piccoli paddock sono costantemente esposti all'ammoniaca prodotta dalla loro urina. La muraglia dello zoccolo, costituita da proteine, è indebolita da questa continua esposizione. L'uso dei ferri non evita o riduce il danno da esposizione all'ammoniaca. Tuttavia, riduce l'usura dello zoccolo indebolito.
In cattività, a causa dell'assenza dei fattori condizionanti presenti allo stato selvatico, gli zoccoli crescono larghi, lunghi, fragili e molli. Quindi, offrono scarsa protezione dalle rocce e dalle superfici dure e irregolari. Vi è un costante pericolo di rottura delle muraglie troppo lunghe e poco resistenti, o di ematomi dei tessuti molli all'interno del piede, a causa dell'insufficiente spessore e durezza della suola.
Ferratura correttiva:
La forma, il peso e lo spessore di un ferro possono influire significativamente sull'andatura del cavallo. I maniscalchi addestrati alla ferratura a caldo possono adattare i ferri per aiutare i cavalli con problemi alla muscolatura o al sistema osteoarticolare delle loro zampe.
Presa sul terreno:
Accessori come il vidia per il ghiaccio e i ramponi per terreni fangosi o scivolosi, sono utili per cavalli ad alte prestazioni come i cavalli da presentazione, i cavalli da salto, quelli utilizzati per il polo, e altri cavalli che devono sviluppare alte velocità in terreni vari o su superfici non ottimali.
Manipolazione delle andature:
Alcune razze come i Saddlebred, i Tennessee Walking Horse e altri cavalli sono valutati in base all'elevazione delle loro andature. Una ferratura speciale può essere d'aiuto per accentuare la loro andatura naturale.

Non bisogna essere animalisti per riconoscere il comune denominatore delle motivazioni a sostegno della ferratura, ossia l’azione nefasta dell’uomo, che priva il cavallo dei suoi elementi naturali e di alcunBAREFOOTi componenti essenziali della sua alimentazione, lo reclude in spazi ristretti in totale spregio della sua etologia, abbassa sensibilmente la sua qualità di vita, influisce negativamente sul suo benessere e sulla sua salute e poi… contrasta il danno con un ulteriore danno.

Quali sono gli inconvenienti della ferratura?

limitazione del meccanismo dello zoccolo
L'abolizione dell'arco plantare anteroposteriore e la presenza dei chiodi e delle barbette concorrono a limitare l'elaterio. Ne consegue una marcata riduzione dell'efficienza del meccanismo dello zoccolo, con conseguenze particolarmente rilevanti sulla circolazione sanguigna locale ma non trascurabili anche sulla circolazione sanguigna generale (ridotto ritorno venoso).
La parte posteriore del piede (glomi-talloni-fettone), mantenuta costantemente in posizione "contratta", tende ad atrofizzarsi (i glomi e i talloni si avvicinano fra loro, il solco mediano diventa più profondo, il fettone si restringe).
limitazione o abolizione del contatto passivo della suola e del fettone con il suolo.
La suola, priva del contatto con il suolo, non si trasforma in callo; piuttosto si accumulano notevoli quantità di suola "morta", friabile, che non offre alcuna protezione alle strutture sottostanti, con aumento della probabilità di sobbattiture durante il movimento su terreni sassosi e sede di possibile invasione da germi opportunisti (vedi fettone).
Il fettone, privo di contatto con il suolo, è più facile preda di attacchi batterici e fungini (il cosiddetto "marciume", in inglese thrush).
limitazione dell'assorbimento degli shock meccanici
La funzione di dissipazione degli shock meccanici svolto dalle strutture posteriori del piede (talloni, fettone, sottostanti cartilagini laterali) è resa inefficace. Lo shock viene trasmesso direttamente dal ferro alla muraglia, e si ripercuote, senza adeguato smorzamento delle vibrazioni, al soprastante apparato osteoarticolare esponendolo a usura accelerata. Il cavallo ferrato dovrebbe essere usato il meno possibile su terreni molto duri, per evitare i danni conseguenti.
diminuzione della presa su superfici dure e lisce
La scarsa presa del ferro su superfici quali lastroni e pavimentazioni in pietra, asfalto, cemento implica la concreta possibilità che il cavallo scivoli, sia durante il movimento all'esterno che negli spostamenti all'interno della scuderia o nelle piattaforme destinate al grooming. Il rischio di incidenti con gravi conseguenze sia per il cavallo che per il cavaliere è reale e concreto, anche se può essere limitato da opportuni accorgimenti (applicazione di punte o di particelle di vidia, in inglese borium).


Negli ultimi anni il punto tradizionale di vista sulla ferratura è stato rivisto sulla base di argomentazioni scientifiche riguardanti la fisiologia dello zoccolo a seguito degli studi della veterinaria tedesca Hiltrud Strasser e delle osservazioni dei Mustang in libertà, e successive esperienze pratiche di Jaime Jackson, padre del barefoot moovement. Secondo questa scuola di pensiero, la ferratura viene eseguita per paura e per abitudine (by fear and use).

È ormai provato che i cavalli ferrati sviluppino gravi zoppie in quanto la ferratura incide sulla forma, sulla struttura, sulla funzionalità e sulla salute di ognuna delle componenti dello zoccolo, fino a livello cellulare.

È possibile sferrare un cavallo e poi tenerlo scalzo?

Questa è una domanda che non dovrete rivolgere a un maniscalco, perché troverebbe un tot di motivazioni per convincervi a non farlo. Un cavallo scalzo in più è un cliente in meno per lui, tenete sempre presente questo.

In realtà, non c’è nessuna controindicazione, anche per cavalli ferrati da molti anni. Questi dovranno necessariamente attraversare un periodo cosiddetto di transizione, affinché possano guarire le strutture interne dello zoccolo. Si può aiutare il cavallo con l’ausilio di scarpette, in commercio ce ne sono parecchie, ma vi consigliamo di farvi aiutare nella scelta da un bravo pareggiatore.

Lo zoccolo di un cavallo che per anni è stato ferrato non è sano, in più ha subito una graduale distorsione della sua forma: il periodo di transizione può durare un intero ciclo di crescita dello zoccolo, quindi all’incirca otto mesi.

Il gestore del cavallo deve fornirgli vari tipi di suolo sul quale muoversi per abituare lo zoccolo e indurirlo, creando delle zone nel pascolo con terreni diversi, ad esempio può essere utile spargere dell’acciottolato intorno al portarotolo del fieno e all’abbeveratoio, sì da essere sicuri che il cavallo ci cammini sopra con regolarità ogni volta che va a mangiare e a bere.

Terminato il periodo di transizione, si verificheranno notevoli miglioramenti nella sicurezza del piede, nell’impulso e nella resistenza (perché la flessibilità dello zoccolo sferrato agisce come una pompa ausiliaria a sostegno dell’attività del cuore) e nella qualità e agilità del movimento.

In Italia vi sono alcune associazioni aderenti al barefoot movement, la più rappresentativa è Barefoot Horse Italia, che, tra le altre cose, forma professionisti nel pareggio naturale.

Per ulteriori informazioni:
www.barefoothorseitalia.it


Nadia Zurlo
Resp. Settore Equidi LAV

lunedì 24 ottobre 2011

CAVALLI: LIBERI E MAI SOTTOMESSI. LA POSIZIONE DELLA LAV


La nostra visione del cavallo parte da un fondamento che si discosta notevolmente da quello che ispira buona parte del mondo equestre, ovvero quello del cavallo “da lavoro” o comunque da utilità, ancorché non professionale o sportiva, che vede nell’animale un mero strumento la cui vita è strettamente collegata al suo utilizzo. 
Questo approccio è sostenuto e incentivato dalle pratiche tradizionali di doma e addestramento, anche quelle cosiddette “dolci” o etologiche, perché in fondo, seppure con metodiche diverse, richiedono al cavallo una prestazione, e preparano il cavallo a fornire questa prestazione a favore dell’umano. 
La stragrande maggioranza delle persone che si avvicina a questo animale, lo fa attraverso strutture – come i maneggi – dove i cavalli vengono utilizzati per l’equitazione e dunque diventa “normale” assegnare al cavallo un ruolo di questo tipo, così come diventa “normale” la sua scuderizzazione e l’uso di strumenti (come i ferri e le imboccature) ideati con lo scopo di facilitare quanto più possibile il cavaliere nelle attività equestri, cioè per trasmettere meglio i comandi ed esercitare il massimo controllo sul cavallo.

Del resto, le parole doma e addestramento indicano chiaramente che l’azione dell’uomo sull’animale è coercitiva, tanto sotto il profilo fisico quanto sotto quello psicologico, e da questa azione l’animale non ha alcuna possibilità di sottrarsi: privato della sua natura selvaggia, asservito all’uomo, condizionato nei comportamenti, addestrato in attività che non sono affatto naturali, costretto a vivere in ambienti inidonei per la sua etologia, il cavallo diventa semplicemente uno strumento, con un compito ben preciso, e cioè quello di portare sulla sua schiena l’essere umano.

Queste azioni vengono poste in essere tanto dalla doma tradizionale, quanto da quella “dolce”, pur riconoscendo a quest’ultima un intento almeno iniziale di maggior rispetto del cavallo, ideando tecniche che non comprendessero brutali maltrattamenti fisici, ma basate sul gioco e sul condizionamento con ricompensa. Tuttavia, è opinione di molti etologi che la doma dolce metta sotto notevole pressione psicologica il cavallo ed è stato rilevato come moltissimi istruttori di queste scuole utilizzino anche metodi violenti su cavalli poco inclini a una rapida sottomissione.

Il problema vero e cruciale del cavallo è appunto questo: il fatto che debba essere sottomesso, in qualche modo. 
E la sua sottomissione è indispensabile perché l’uomo lo possa cavalcare e utilizzare nelle molteplici discipline equestri, professionali e non. 
Quando il nostro interesse per un cavallo nasce dall’intento di usarlo, succede che nel momento in cui l’animale non è più in grado di assolvere a questo compito diventa un peso di cui doversi liberare. 
I cavalli sportivi, ad esempio, una volta a fine carriera, vengono riciclati per altre attività meno impegnative sotto il profilo fisico, e così via al diminuire delle loro prestazioni, fino a quando non sono completamente inutilizzabili. 
Il macello è spesso la destinazione finale dei cavalli che hanno lavorato una vita intera per l’uomo, e ci riferiamo anche a quelli di privati che praticano l’equitazione e che “rottamano” il cavallo quando non è più montabile. 
Certamente esistono molte persone che continuano a mantenere per la vita il proprio cavallo, pur avendone fatto un utilizzo, ma è molto diffusa l’abitudine di disfarsi del vecchio per prendere il nuovo, con il quale continuare a praticare l’amato sport. 
Basta guardare qualsiasi sito di annunci e gli appelli che arrivano alle associazioni animaliste per rendersi conto di quanto sia radicata questa mentalità, a volte anche intrisa di ipocrisia, spacciando la cessione come un atto amorevole per evitare al cavallo di finire appeso alle gancinaie di un mattatoio, mentre invece è solo l’espressione di una mentalità egoista e indifferente. Non tutti, infatti, ritengono ragionevole spendere dei soldi per dare da mangiare e curare un cavallo che in cambio non può più offrire nulla.

In questo panorama, dovendo affidare cavalli provenienti da sequestri per maltrattamento, dati in custodia e poi in proprietà alla nostra associazione, abbiamo scelto di seguire l’approccio zoo antropologico, grazie alla preziosa collaborazione di EquinSenseExperience del dott. Francesco de Giorgio. 
La zoo antropologia si basa sulla vera relazione uomo-cavallo, diffondendo una cultura equestre che consideri il cavallo nella sua soggettività, diversità e peculiarità, e lo veda coinvolto nella relazione come partner e non come semplice mezzo da utilizzare o erogatore di performance. Nella pratica, l’approccio zooantropologico è caratterizzato proprio dall’attribuire molto meno importanza alle tecniche di condizionamento comportamentista e meccanicista, dando valore invece ad un approccio basato sull’esperienza, sulla relazione e sullo sviluppo cognitivo del cavallo.

I nostri cavalli, quindi, non vengono domati e addestrati per renderli montabili e affidati come cavalli da sella. 
Chi decide di prendere in adozione un cavallo della LAV deve innanzi tutto rientrare in una visione non utilitaristica dell’animale e avere come prima motivazione il desiderio di accoglierlo nella propria famiglia per amarlo e dargli una seconda possibilità di vita, senza considerazioni di razza, età o bellezza. Attraverso il programma di adozione, la LAV si prefigge come obiettivo un profondo cambiamento del mondo del cavallo, incentivando e sostenendo la gestione naturale, il piede scalzo, la zoo antropologia, l’adozione, e favorendo la diffusione delle corrette nozioni sul cavallo e sulla sua etologia.

Un altro elemento fondamentale che deve caratterizzare l’affidatario è il senso di responsabilità: adottare non è solo un atto d’amore, ma anche consapevolezza delle proprie scelte e determinazione nel portarle avanti. 
Purtroppo capita ancora troppo spesso che nel decidere di prendere con sé un qualsiasi animale si sia spinti da motivazioni superficiali, senza tenere in considerazione fattori che potrebbero causare problemi di convivenza, oppure pensando che, alla mal parata, la soluzione rapida sia quella di restituire al mittente l’animale. Proprio perché gli animali sono completamente dipendenti da noi e subiscono le conseguenze delle nostre scelte, dobbiamo essere maggiormente responsabili e ponderare bene le nostre decisioni.

La scoperta di un nuovo rapporto con il cavallo è possibile ed è solo così che si potrà spezzare la triste catena che tiene prigionieri migliaia di cavalli, relegandoli al ruolo di bicicletta vivente. Abbiamo il dovere di restituire dignità e benessere a questo straordinario animale, capace di accompagnarci in un percorso di crescita comune e di inesauribile amore.


Nadia Zurlo

Resp. Naz. Settore Equidi - LAV

sabato 22 ottobre 2011

COUNTRY CHRISTMAS 2011 ALLA FIERA DI PORDENONE




La Fiera di Pordenone promuove anche quest’anno, dall’8 all’11 Dicembre 2011, la manifestazione Country Christmas. 

Dal sito della manifestazione possiamo leggere che quest’anno
“Si annunciano grandi novità per l’edizione 2011 di Country Christmas.
Intensificato il programma delle esibizioni dei cavalli con nuove specialità: dal barrel racing al team penning, dal ranch roping al pole bending”


Che divertimento c'è nel rincorrere a cavallo dei vitelli impauriti e rinchiuderli all'interno di un recinto? Quale gioia per un cavallo può rappresentare il correre ad alta velocità attorno a dei barili o a dei pali con in groppa un cavaliere?

Nulla di tutto questo può essere realizzato, a nostro avviso, senza il ricorso alla sopraffazione e alla costrizione.

Cavalli completamente assoggettati all'uomo, spronati a correre a suon di frustino, a volteggiare su se stessi, a camminare all'indietro. 
E vitelli, quindi cuccioli, spinti da un capo all'altro dell'arena in preda alla paura. 
Per chi ama queste discipline i vitelli non sono altro che capi di bestame da governare in uno spettacolo che dovrebbe addirittura divertire.

In Italia siamo purtroppo all'avanguardia per quanto riguarda le tradizioni con sfruttamento di animali. Ma evidentemente a qualcuno non bastano, occorre importarne di nuove, attingendo altrove.

Cultura Country non è solo sinonimo di canzoni e balli: fintanto che esisteranno rodei, ranch roping, pole bending, barrel racing e altri spettacoli del genere noi saremo sempre contrari al Country, anche a Natale. Perché al Country Christmas non sarà un Natale buono per gli animali.

L’articolo 19 del Regolamento Comunale sulla tutela degli animali cita testualmente :
http://www.comune.pordenone.it/comune/atti/regolamenti/sociali/animali.pdf 
Art. 19 - Divieto di spettacoli e intrattenimenti con l’utilizzo di animali

1. È vietata, su tutto il territorio comunale, qualsiasi forma di spettacolo o di intrattenimento pubblico o privato, effettuato a scopo di lucro,che contempli, in maniera totale oppure parziale, l’utilizzo di animali, sia appartenenti a specie domestiche che selvatiche.

2. È vietata altresì qualsiasi forma di addestramento di animali finalizzata alle attività di cui al presente articolo.

3. Nei confronti dei soggetti che contravvengono alle disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo, nel caso si tratti di forme di spettacolo o di intrattenimento pubblico, viene disposta la chiusura o la sospensione dell’attività per una intera giornata, oltre all’applicazione della sanzione amministrativa di cui al presente regolamento.

Ci chiediamo per quale motivo questo regolamento sia ancora una volta disatteso.
Disatteso poiché, anche se ufficialmente gli spettacoli con animali all'interno di Country Christmas non sono a pagamento, c'è comunque da pagare un biglietto per entrare in Fiera.
E, quanti pagheranno il biglietto in quei giorni, non lo faranno certo per ammirare dei padiglioni vuoti, bensì per vistiare il Country Christmas, manifestazione che ha fra le proprie attrazioni anche gli spettacoli con animali.
Quanto all'inserimento, nell'ambito della manifestazione, delle dimostrazioni del team Parelli, riteniamo che non esistano metodi di doma dei cavalli eticamente accettabili.
Lo stesso concetto di doma dolce è, a nostro avviso, un ossimoro. Una contraddizione in termini.
Il cavallo è un animale dotato di grande sensibilità e dignità.
Una dignità che può essere pienamente rispettata solo lasciandolo vivere senza imposizioni di alcun tipo, nemmeno la più dolce.


Scrivi per manifestare il tuo dissenso in maniera civile ma ferma, esercitando un legittimo diritto di critica, agli organi di stampa locale e al Sindaco di Pordenone


Gazzettino: pordenone@gazzettino.it
Messaggero Veneto: pordenone@messaggeroveneto.it
sindaco@comune.pordenone.it

(le lettere per la pubblicazione sui quotidiani locali devono essere firmate con nome e cognome e corredate da indirizzo e numero di telefono. La lunghezza massima è di 1.800 battute compresi gli spazi.)


sabato 15 ottobre 2011

TORNA LA PRATICA DELL'AUCUPIO IN REGIONE



 fonte immagine: abolizionecaccia.blogspot.com

Si prospettano tempi difficili per l'avifauna anche in Friuli Venezia Giulia.
Occorrono nuove generazioni di richiami vivi?
Ecco che a grande richiesta dei cacciatori che, come è ben noto, sono incontrastati paladini della natura (morta o in gabbia), arriva la soluzione.
La Giunta Regionale ha appena approvato una serie di regole che consentiranno l'aucupio, ossia la cattura di uccelli di piccole dimensioni e la cessione degli stessi ai cacciatori per finalità di richiamo venatorio. 
Allodole, cesene, tordi sasselli, tordi bottacci, merli, pavoncelle e colombacci: queste le sette specie catturabili. 
Cattura legalizzata, regolamentata ed attuata tramite impianti autorizzati dalla Regione. 
Entro il 15 maggio di ogni anno i cacciatori interessati ad avere nuovi esemplari di richiami vivi potranno farne regolare richiesta alla Provincia di appartenenza. 
Il resto lo faranno le reti, verticali o orizzontali.  


Aucupio e uccellagione: due facce della stessa medaglia. 
E a pagarne le spese sono gli animali. 


Da un forum di caccia del Friuli Venezia Giulia citiamo testualmente:
"L'uccellagione è una parte del Friuli; attività umana dal grande significato culturale ed identitario.
E' incredibile che nessuno la difenda."

Noi, al contrario, pensiamo sia incredibile che chi ci governa si ostini a tutelare una pratica crudele e invisa alla stragrande maggioranza degli italiani. 

venerdì 14 ottobre 2011

QUESTO LAGER DEVE CHIUDERE-SOSTENIAMO "FERMARE GREEN HILL"



"QUESTO LAGER DEVE CHIUDERE"


Parole chiare ed inequivocabili, dirette, come un pugno nello stomaco.
Sono le parole scritte sullo striscione che, da questa mattina all'alba, campeggia sul tetto di uno dei capannoni dell'allevamento Green Hill di Montichiari.
Oggi, venerdì 14 ottobre, alle 6.45, cinque attivisti del Coordinamento Fermare Green Hill hanno dato vita a un'azione a sorpresa, riuscendo a salire sul tetto, eludendo la guardia dell’allevamento. 
Da quel momento i cinque attivisti sono riusciti a mantenere la postazione, mentre altri attivisti stazionano vicino al capannone e al cancello d’ingresso, dando supporto a chi è sul tetto e monitorando l’attività lavorativa dell'allevamento. 
L’intenzione degli attivisti è di rimanere ad oltranza sul tetto e impedire che partano carichi di cuccioli verso i laboratori. Hanno con sé tutto l’occorrente per restarci a lungo, per fare in modo di non essere sgomberati e poter comunicare con l'esterno.

Il Coordinamento "Fermare Green Hill" ha comunicato che quello di stamane vuole essere un gesto simbolico di chiusura dell'allevamento, che vuole dare la speranza a tutti gli animalisti e un segnale a tutti coloro che hanno deciso di mantenere aperta questa fabbrica di cani destinati alla tortura e alla morte nei laboratori di vivisezione di tutta Europa.

Questi attivisti ci stanno mettendo la faccia e stanno facendo tutto questo per un senso di giustizia e perché l'opinione pubblica sia portata a conoscenza dell'immane sofferenza dei cani di Green Hill. 
Hanno bisogno del supporto e del sostegno di tutti noi. 

per seguire gli eventi in tempo reale:


per saperne di più:
http://www.fermaregreenhill.net

domenica 2 ottobre 2011

COMUNICATO STAMPA - SULLA FIERA CON ANIMALI A PORDENONE



Desideriamo intervenire in merito alla questione "Amici animali in Fiera", di cui molto si è dibattuto in questi giorni, replicando alle dichiarazioni del responsabile dell'Associazione Ornitologica Pordenonese, Signor Michele Abrescia.
Questi sostiene che alla manifestazione sono stati venduti solo "piccoli pesci".
Vorremmo far presente al Signor Abrescia che i pesci appartengono al regno animale esattamente come tutti gli altri esemplari di numerose altre specie messi in vendita per tutta la durata dell'evento, con tanto di prezzo esposto. 
Che non fossero solo i pesci ad essere in vendita lo dimostra l'ampia e inequivocabile documentazione fotografica diffusa anche a mezzo stampa, in virtù della quale riteniamo sia alquanto inopportuno ostinarsi a sostenere il contrario. 
La vendita dei pesci, documentata nel video da noi realizzato, ha rievocato in molti le tristi immagini dei luna park degli anni 70, immagini che non vorremmo vedere più.
Così come non vorremmo davvero vedere più gechi e rettili rinchiusi in piccole scatolette di plastica, maialini, cincillà, furetti, gatti, insetti, uccelli, animali esposti come merce in attesa di un compratore.

Apprendiamo sempre dalle dichiarazioni pubbliche del Signor Abrescia che l'Azienda Sanitaria ha effettuato dei controlli, non eccependo nulla.
Chiediamo pubblicamente all'Azienda Sanitaria di confermare o eventualmente smentire quanto da lui sostenuto.
La documentazione video in nostro possesso crediamo non lasci spazio a interpretazioni o dubbi.
Abbiamo ripreso lo stand di un espositore/venditore che ha dichiarato di essere privo di documentazione e moltissimi animali erano a nostro avviso detenuti in condizioni non compatibili con le loro caratteristiche etologiche e in contrasto con la normativa vigente.

Gli uccelli, a cui -dichiara il Signor Abrescia- "non viene tolta nemmeno una piuma anche perché andrebbe a discapito del suo valore" sono esseri senzienti dotati di un "valore" che nulla ha che vedere con la monetizzazione, e l'unico modo possibile per rispettarli è il riconoscere la loro dignità e il loro diritto a non trascorrere una vita in gabbia.
Quanto agli animali nati in cattività, la questione secondo la quale non si possono liberare perché morirebbero è a nostro avviso pretestuosa, poiché fino a quando sarà considerato accettabile riprodurre specie di uccelli (e non solo) in allevamento la loro sofferenza non potrà avere fine.
Farli nascere in cattività e descrivere questa cattività come  come condizione essenziale alla loro sopravvivenza è una contraddizione in termini. È questa catena di montaggio, che è l’allevamento di animali, a dovere essere interrotta. Semplicemente non riproducendone.

Chiediamo al Presidente della Fiera Alvaro Cardin, che dichiara la propria estraneità alle modalità di svolgimento della manifestazione ("organizzata da un'associazione esterna"), se davvero ritiene che all'interno della fiera tutto sia consentito e se basti dare in gestione una manifestazione a un'organizzazione esterna a sollevare la Fiera da qualsiasi responsabilità, se non altro morale.

Concludiamo invitando il Sindaco di Pordenone a prendere una posizione in merito a questa vicenda: crediamo che il suo silenzio, a distanza di giorni dall'evento in questione, sia davvero assordante. 





Animali in Fiera Zanolin attacca : maltrattati e venduti
Articolo pubblicato sul Messaggero Veneto (edizione di Pordenone) Mercoledì 28 Settembre 2011

LE ESPERIENZE CHE TI CAMBIANO LA VITA- di Franco Libero Manco


Gran parte di coloro che decidono di rinunciare drasticamente all’alimentazione carnea
hanno subito la traumatica esperienza diretta dell’uccisione di un animale. 
Chi ha avuto la ventura di assistere all’uccisione di un maiale ricorda con raccapriccio le urla laceranti, e quasi umane, della povera vittima, il suo terrore, il suo vano cercare intorno l’aiuto di coloro che considerava amici e che ora fanno parte dei boia; ricorda i rantoli, le convulsioni, i fiotti di sangue, gli occhi sgranati e infine la vita che lentamente lo abbandona inerte alle asce, ai coltelli del carnefice.

Chi ha avuto la ventura di trovarsi in quel luogo maledetto chiamato mattatoio durante l’esecuzione capitale di un cavallo, di un vitello o di una pecora, resta per sempre traumatizzato da quell’esperienza infernale e trova le motivazioni per astenersi dal consumo di carne e spesso anche la volontà a dissociarsi da una realtà della quale accusa salutari sensi di colpa.
Ricorda l’impotenza schiacciante dell’animale in balia dell’essere più crudele della terra, il suo pietoso ed inutile tentativo di fuggire, il panico negli occhi della preda braccata, l’angoscia di trovarsi in un ambiente tangibilmente ostile e pregno di esalazioni mortali, l’odore terrorizzante del sangue nella percezione imminente della morte.

Vedere un piccolo, meschino, rozzo garzone avere il potere, l’arroganza, la capacità di abbattere un possente, splendido, bellissimo cavallo, grida vendetta al cospetto della Vita.
Come può un uomo conservare la sua serenità, dormire, sapendo che un essere simile a lui sia morto a causa sua?
Come può considerare giusto e legittimo privare per sempre della vita una creatura senziente, impedirgli per sempre di esistere, di far parte della famiglia dei viventi? 
Come può affondare il coltello, la sega nelle carni vive e palpitanti, spaccare le ossa, strappare le viscere, il cuore, i polmoni, ridurre a pezzetti una creatura più degna dell’uomo di esistere e considerare simili ripugnanti membra di cadavere alimento per l’essere umano?
Un uomo che genera sofferenza e morte come può tornando a casa la sera essere in pace con la sua coscienza e capace di una carezza, di un atto di gentilezza e bontà nei confronti dei suoi cari?

L’uccisione di un agnello, un coniglio o di una gallina, vittime di un’esecuzione improvvisata e sommaria negli ambienti rurali dei contadini, animali considerati quasi come membri della famiglia umana che li ha allevati, richiede una durezza di cuore primordiale. Assistere ai lamenti disperati, ai fremiti, alle convulsioni del povero animale, è un’esperienza traumatizzante per qualunque essere umano dotato di coscienza.

Queste terribili esperienze che cambiano la vita dovrebbero essere esperienza comune a tutti coloro che ritengono giusto e lecito mangiare la carne, a tutti coloro che trovando il pezzo di animale incellofanato nei supermercati non sanno (perché non vogliono) collegare quella misera parte anatomica ad una creatura fatta come noi che voleva vivere e che è stata uccisa per l’infame, degradante piacere della gola.

La cultura consumistica contemporanea, propinata dalle lobby agroalimentari e zootecniche attraverso i mezzi di informazione di massa, hanno attuato la più rovinosa e devastante dissociazione tra la bistecca e l’animale: molti bambini sono convinti che i polli crescono sugli alberi.
Le scolaresche dovrebbero essere condotte a visitare i mattatoi invece di visitare gli zoo: sarebbe più istruttivo e responsabilizzante far sapere (in rispetto della verità) a chi apparteneva quel pezzo di carne che serenamente consumeranno per cena.
Ognuno che ritiene “normale” nutrirsi di animali (dal papa al presidente della repubblica, dal ministro alla pubblica istruzione a quello della salute, dal capo della magistratura al portiere dello stabile) dovrebbe avere la coerenza morale delle loro scelte: far visita ad un mattatoio prima di addentare una bistecca.

Franco Libero Manco