sabato 27 ottobre 2012

MA COME SI FA? - di Barbara Balsamo




di Barbara Balsamo

Eccomi qui, di sabato mattina mentre il 90% delle mie coetanee si affanna in shopping, spesa, preparazione di pranzi e pulizie della case, mentre altri si rilassano beati nei loro lettoni meritati, io per l’ennesima volta, sono col mal di testa, l’ansia, l’angoscia e la disperazione nel cuore perché?!
Perché non mi capacito, non riesco a sopportare quello che le mie orecchie e i miei occhi vedono!

Ogni minuto ogni istante si svela al mio cuore una realtà cruda e violenta…… vi aspettate che parli dei nostri fratelli animali vero? Ebbene NO! O meglio non di loro direttamente ma di noi che siamo coloro che si sono messi in testa di liberarli! La questione della liberazione animale, del veganismo, dell’antispecismo (politico per forza), dell’animalismo, e come altro lo vogliamo chiamare sta subendo grandi mutazioni. Se da un lato infatti assistiamo a sismi più o meno forti in seno alle differenti e numerose organizzazioni, dall’altro è innegabile una crescita del movimento stesso con diramazioni multiple e sfumature di pensiero e orientamento a volte antitetiche. Come fare per cercare unità quando l’unità in realtà non c’è? Come si fa a prefiggersi un obiettivo quando la strada che si vuole intraprendere per raggiungerlo, non è diversa dalla tua, ma opposta?! Come si fa soprattutto a superare i confini di ciò che ognuno di noi nella sua etica individuale riconosce come invalicabili? E dove finisce il limite e inizia l’altro? Quale soluzione quando ci si provoca, ci si picchia, ci si attacca anche pubblicamente per divergenze IMPORTANTI di opinione?
Come si fa a metterle “momentaneamente” da parte per “loro”??

Leonardo Caffo ha definito questi atteggiamenti antropocentrici, modalità pertanto ancora vincolate a vecchi schemi di azione e pensiero che non ci liberano realmente per riuscire a intraprendere la strada verso la liberazione animale. Sono d’accordissimo. Ma vorrei però sottolineare che oltre il pensiero c’è poi la vita reale, e per noi ARA quella dell’attivismo. Come riuscire a non condannare uno che al mio fianco inneggia all’uccisione del contadino che ha ucciso il maiale come se fosse lui la causa della schiavitù animale? Come tollerare qualcuno che davanti a una violenza su un animale lo epiteta “negro di merda”? E ribadisco che queste non sono solo parole. Sono atti. E come condannare costoro quando anche io tengo a quel maiale e quel dato animale?!

È facile urlare all’unità, alla causa che è superiore e per la quale non dovremmo guardare in faccia a nessuno, qualunque pensiero politico, stile di vita, comportamento, è facile affermare che si è APOLITICI senza nemmeno essere consapevoli della gravità morale proprio verso gli animali che questa affermazione implica, è facile insomma fare del populismo e del qualunquismo. Molto più difficile, a mio avviso, è rimanere coerenti con dei valori, chiamateli anche antropocentrici, di rispetto della libertà e della vita altrui, della dignità e della integrità delle persone.

Personalmente sono contro ogni forma di violenza che implichi sofferenza morale e / o fisica a qualunque essere vivente. Ciò non significa che io sia amorfa e immobile e nemmeno che non abbia dei limiti. La verità è che l’animalismo NON è antispecismo, né di destra né di sinistra. Ci sono mille tipologie di animalisti: quelli settoriali: amo il cane e mangio il maiale; quelli parziali: sono contro la vivisezione ma indosso un cappuccio di pelliccia o ancora peggio porto un coniglio salvato da un laboratorio a un corteo con 2000 persone!; quelli vegani misantropi che sono convinti che il vivisettore sia il demonio e debba per questo morire (e guardate che non sono slogan, negli USA un’attivista rischia 10 anni di carcere per aver fatto stalking a un vivisettore – scommetto che state storcendo la bocca perché approvate questo – ) o che la donna in pelliccia vada malmenata e lapidata – e anche questo – ; i vegani incazzati che fanno spedizioni punitive ai cattivi che maltrattano gli animali; poi i vegani illuminati dalla luce della verità; ma tutto questo non ha nulla a che vedere con l’antispecismo. anche qui abbiamo le varie tipologie: gli antispecisti che si fermano a Regan e Singer, e dunque pensano che il problema sia squisitamente morale, gli antispecisti cosiddetti politici (si è sempre comunque politici) che forse peccano di presunzione nel pensare che lo sfruttamento è originato da una serie di dinamiche collettive che prescindono dalla singola persona e che pertanto va affrontato con strumenti appropriati, ed infine gli antispecisti che però sono di “destra” ovvero mirano a una liberazione degli animali ma concepiscono una gerarchia di valori e libertà all’interno della propria specie. (lo trovo schizofrenico, ma esiste!)

E allora dunque cos’è l’ANIMALISMO!?!?! come Maurizi dice che l’antispecismo politico non esiste, in un suo noto articolo che andrebbe letto con molta attenzione, io mi domando se anche l’animalismo esista e cosa sia, quali sono i suoi presupposti imprescindibili?. Sono solo etichette? O hanno un significato? E quale?? sei animalista perché ami i cani?! O forse perché sei contrario agli esperimenti su cani e scimmie ma in fondo sti cazzi dei topi? Sei animalista anche quando mangi il formaggio indossi il cappuccio in pelliccia convinto sia finto e invece è vero? Cos’è essere animalista?! Liberare tutti gli essere senzienti schiavi del nostro sistema? E liberarli come?

È facile parlare dell’obiettivo quando non si da nemmeno una forma a chi lo dovrebbe perseguire!

Mi sembra di avere davanti un grosso calderone dove si mette di tutto, tanto in fondo tutto fa brodo, se siamo in 10000 sempre meglio che in 1000 e se poi quando si torna a casa si diventa carnefici o violenti con chi ci vive vicino poco importa, l’importante è la causa. E si ritorna al punto di partenza. Allora il mio discorso va ancora oltre: se ci battiamo per la liberazione animale perché siamo convinti che lo sfruttamento di altri esseri senzienti sia vergognosamente ingiusto, se crediamo che la vita e la dignità di un vitello, di un maiale, di un cane, siano intoccabili, se ci scagliamo contro un sistema di sfruttamento e dominio dell’altro e soprattutto se proponiamo una possibile o delle possibili alternative, se il nostro convincimento si fonda sulla persuasione che non esistono umani cattivi ma sistemi errati, infine se ciò che ci spinge è l’amore e il senso profondo della libertà perché tanto odio?! Perché? Sicuramente dovremmo imparare tutti a contestualizzare, a chiamare le cose e i fatti con i loro nomi reali in onestà, senza ipocrisie, cercando di trovare questi maledetti fatidici punti di incontro, se esistono.

Non ho le risposte, purtroppo, anzi se qualcuno volesse darmele sarei felice, perché in tutto questo marasma e circondata da animalisti che inneggiano alla violenza, attivisti pieni di pregiudizi, e antispecisti emarginati ho perso la bussola …

solo lacrime.


fonte: http://asinusnovus.wordpress.com/2012/10/27/ma-come-si-fa/




sabato 13 ottobre 2012

MELANIE JOY IN ITALIA PER IL PREMIO "GABBIE VUOTE" 2012


VIOLENZA VERBALE E VIOLENZA EFFETTIVA - di Rita Ciatti




di Rita Ciatti
Vorrei chiarire la mia posizione sulla violenza verbale talvolta manifestata da alcuni animalisti nei confronti di chi sfrutta e uccide gli animali, così come sulle varie espressioni di giubilo spesso intonate alla notizia di cacciatori che si sono sparati tra di loro, toreri incornati, macellai cui è partito un dito mentre affettavano un maiale e così via.
Dunque, cercherò di essere il più chiara possibile, sperando di non essere fraintesa.
Penso che definire un animalista verbalmente violento solo perché a sua volta accusa un macellaio o un vivisettore di essere appunto un violento, un aguzzino ecc. sia, quanto meno, paradossale. Voglio dire, per quanto nella nostra cultura e società la violenza dello sfruttamento animale sia normalizzata ed accettata, rimossa e negata, credo che l’atto dello sgozzare un maiale o del provocare stress sui topi nei laboratori tramite scariche elettriche sia, e rimanga, inconfutabilmente, quale sia la maniera in cui lo si voglia vedere, un atto violento. Mi rendo conto che dal singolo consumatore (che brutta questa parola, “consumatore”, ma tant’è) tale violenza non venga affatto percepita o venga considerata tutt’al più “necessaria”, “utile” per una serie di ragioni legate ad un massiccio condizionamento culturale sul quale sarebbe ozioso dilungarmi al momento, ma, tuttavia, l’atto di uccidere, schiavizzare, sfruttare miliardi di esseri viventi rimane un atto indiscutibilmente violento. Mi rendo conto tuttavia che esistono toni e toni e che stigmatizzare una violenza effettiva tramite una violenza verbale è altrettanto paradossale del macellaio che accusa l’animalista di essere violento: si tratta di due tipi di violenza, quella effettiva certamente peggiore di quella verbale – la quale, quest’ultima, potrebbe pure essere definita “difensiva”, in quanto interviene per denunciare la prima – ma rimane pur tuttavia un esercizio gratuito; inoltre dare dell’assassino ad un mangiatore di bistecche non solo indispone immediatamente l’interlocutore inducendolo a mettersi sulla difensiva anziché invitarlo all’ascolto, ma è anche del tutto inutile e fuorviante ai fini della liberazione animale. Urlare e sfogarsi contro chi sfrutta gli animali rimane, nel novantanove per cento dei casi, l’urlo inascoltato di un ego esasperato ed inacidito. Io capisco la rabbia, la frustrazione che scaturiscono dalla consapevolezza dell’orrore dello sfruttamento animale e quindi l’inevitabile reazione di pancia che spesso porta gli animalisti ad inveire contro gli aguzzini, ma sono altresì consapevole che non saranno gli insulti e le offese a liberare gli animali. A volte su Facebook vedo girare drammatiche foto di animali morti, fatti a brandelli, insanguinati e giù a seguire una sequela di insulti diretti agli esecutori di tale scempio: “maledetti assassini“, “mi auguro che tu crepi“, “ti farei questo e quell’altro“.
Ora, ripeto, inutilità a parte di questi sfoghi di rabbia – che appunto tali sono, sfoghi, per l’appunto – mi pare evidente che NON è in questo modo che si faranno progressi nella liberazione animale. Non è augurando la morte a tizio e caio che verrà decostruita la cultura dello sfruttamento animale.
Mille volte più costruttivo, anziché distruggere verbalmente l’altro, è rispondere – anche in maniera decisa, chi dice che dobbiamo essere agnellini? Io no di certo! – mettendo in evidenza le falle del ragionamento di chi sostiene lo sfruttamento animale o vorrebbe negare l’evidenza della sofferenza degli animali.
Se io comincio a dare dell’assassino a tizio perché mangia la carne, tizio mi replicherà a sua volta dicendomi, nella migliore delle ipotesi, che sono esagerata, oppure insultandomi per tutta risposta. Nel frattempo gli animali continueranno a morire dentro gli allevamenti e nei macelli e di certo non si sentiranno sollevati nel sapere che c’è qualcuno che si è preso la briga di dare dell’assassino ai suoi aguzzini.
Allo stesso modo, augurarsi la morte del cacciatore, del pellicciaio e del torero, non è molto costruttivo, anche perché, morto uno, avanti il prossimo. Voglio dire, non si tratta della cattiveria di un singolo soggetto isolato per cui conviene augurarsi che si tolga dalle scatole il prima possibile, ma della follia di un sistema in cui il fatto che miliardi di esseri viventi vengano ridotti a meno di cose, imprigionati, sfruttati fino allo sfinimento ed uccisi è considerato “normale” e perfettamente “naturale”. E il sistema non lo si combatte a forza di accettate verbali contro i singoli, ma smantellando dall’interno quei meccanismi culturali, sociali, economici e politici che ne permettono il mantenimento.
Se la scuola non funziona, per dire, non vado a prendermela col singolo insegnante, ma cerco di analizzare e capire le falle del sistema. Se la sanità fa schifo, non me la prendo col singolo medico, ma sempre con il sistema che ha permesso la degenerazione di determinati servizi sociali. Certamente anche il singolo è responsabile perché poi il sistema è fatto di singoli, ma è al tempo stesso vittima di una terza entità che è l’ingranaggio culturale nel suo complesso e dal quale è difficile, ossia rimanendone compresi all’interno, auto-osservarsi con capacità critica.
Quindi, che un cacciatore o un macellaio sia morto o meno e che si esulti o meno per la sua dipartita dal mondo, non sposterà di una virgola il sistema sfruttamento animale perché tanto, il posto di chi è anch’egli carne da macello, seppure questa volta simbolica, sarà comunque rimpiazzato dalla prossima risorsa rinnovabile del sistema forza lavoro, non diversamente dagli animali che ha ucciso.
La società dello sfruttamento del vivente è un tritacarne in cui vittima ed aguzzino finiscono per perire insieme. E se non si capisce questo allora non si è compreso nulla dell’antispecismo.
Odiare la specie umana, i propri simili, è un atteggiamento di immaturo solipsismo. Di totale chiusura. Un atteggiamento che nuoce profondamente alla liberazione animale.
Attenzione, questo non significa però che automaticamente dovrei considerare alla stessa stregua la tragedia dello sfruttamento animale con il singolo caso del cacciatore che è rimasto ferito da un suo collega durante una battuta di caccia. C’è un distinguo da fare e a me pare dettato dal semplice buon senso: gli animali indifesi che si trovano a vivere una non-vita dentro un allevamento con destinazione finale al macello di certo non hanno alcuna colpa della loro condizione. Si sono trovati a nascere dentro una gabbia, non hanno avuto scelta, la loro orrenda sorte è stata segnata sin dall’inizio. E questa è indubbiamente una tragedia. Il cacciatore invece sceglie consapevolmente di girare per i boschi con un fucile carico. È responsabile delle proprie azioni e degli effetti che potrebbero derivarne. Quindi, permettetemi di dire che il suo “incidente” mi colpisce meno della sofferenza di un animale che viene torturato nei laboratori. Ma questo non perché, si badi bene, io ami gli animali più degli uomini, o sia misantropa, o faccia un distinguo tra valore della vita di un topo e valore della vita di un cacciatore, ma semplicemente perché lo sanno pure i bambini che chi gioca col fuoco finisce col bruciarsi e che a volte è perfettamente normale che le vittime si ribellino e finiscano con l’avere la meglio sul proprio aguzzino. La prendo quindi, questa volta sì, come una legge di natura. Non sempre i predatori hanno la meglio, a volte la preda ce la fa a scappare o a ribellarsi. Il cacciatore è un predatore artificiale (e non avrebbe necessità di esser tale), se diviene preda per sbaglio, per incidente, per puro caso, lo metto nel conto degli effetti derivabili dalla sua infelice scelta. Ci sono casi di felini che hanno aggredito il domatore, di orche che hanno tirato sott’acqua il loro addestratore, ma anche casi di ferimenti riportati in seguito a contatti ravvicinati con animali che, causa il loro lungo stato di detenzione e maltrattamento, hanno reagito in maniera aggressiva verso gli inservienti.
Voglio dire, se io tengo una tigre chiusa dentro una gabbia è ovvio che quella prima o poi, stanca di essere tenuta prigioniera, si innervosisce; se poi un bel giorno riesce ad addentarmi un braccio, ebbè, ma di chi è la colpa? Della tigre o mia che la tenevo rinchiusa?
Quindi, ricapitolando, premesso che chi sfrutta direttamente ed uccide direttamente gli animali, ma anche chi partecipa – silente o meno, consapevole o meno – di questo sistema di sfruttamento, esercita comunque violenza; premesso che però la questione dello sfruttamento animale non si risolve meramente accusando l’altro di essere violento con maniere verbalmente aggressive; premesso che ogni vita persa – pure quella del cacciatore, del macellaio, del torero – è sempre una vita persa, a doppio titolo: persa perché estinta, persa nel senso di aver perso un’occasione per comprendere cosa sia il rispetto dell’altro; premesso altresì che essere antispecisti significa lottare per scardinare questo sistema e non per distruggere l’altro – a parole o nei fatti – ché la visione dicotomica di un’umanità divisa in buoni e cattivi la lascio volentieri a certi americani, ai veterotestamentari, a chi crede nella tentazione del diavolo e a chi ha una maniera davvero semplicistica e riduttiva di vedere la realtà, non comprendendo la complessità del tutto; premesso questo e forse anche altro che sicuramente mi sono scordata di dire, chi accusa gli animalisti di essere violenti, a volte si dimentica – o non comprende – che esiste una violenza effettiva, che è altrove, negli atti, più che nelle parole e questo continua a rimanere per me abbastanza paradossale. Ciò detto, non giustifico chi inneggia a mandare a morte il macellaio, il vivisettore, il pellicciaio ecc.; inneggio invece ad un mondo liberato dall’oppressione e voglio liberarlo costruttivamente, non trasformandomi a mia volta in un boia.

giovedì 11 ottobre 2012

IL CIRCO MIRANDA ORFEI A GORIZIA: PRESIDIO DI PROTESTA SABATO 13 OTTOBRE



Un altro circo con sfruttamento di animali nella nostra regione. Uno dei più grandi.
Il Circo Miranda Orfei è attendato in questi giorni a Gorizia, e proprio a Gorizia gli attivisti locali stanno organizzando un presidio di protesta che avrà luogo sabato 13 ottobre dalle 16.00 alle 17.00 
(Via della Casa Rossa).
L'augurio è che, sull'onda della triste vicenda di Imola, il movimento di opposizione ai circhi con animali possa crescere e rafforzarsi, portando un sempre maggior numero di attivisti davanti ai cancelli dei circhi e sempre più Amministrazioni comunali verso la messa al bando di questi spettacoli crudeli e anacronistici, che sono tenuti in vita dallo stato italiano attraverso il Fondo Unico dello Spettacolo (più di 6 milioni di euro nel 2012). 



Nel 2010 il Tribunale di Como ha emesso un decreto penale di condanna nei confronti 
dell'Amministratore del Circo Miranda Orfei, per aver detenuto in condizioni incompatibili 
con la loro natura animali esotici e non, sottoponendoli inoltre a lavori insopportabili per le 
loro caratteristiche etologiche, e nell'attendamento in provincia di Ferrara (maggio 2010), il Servizio Veterinario rilevava notevoli lacune nella detenzione degli animali e come non fosse possibile garantire il benessere di alcuni animali.*

Questo circo nell'anno 2008 ha beneficiato di contributi statali pari a 35.000,00 € e, nel 2009, pari a 30.000,00 €.

Riteniamo sia davvero giunta l'ora di dare un messaggio chiaro e incisivo all'opinione pubblica e soprattutto alle amministrazioni locali, condannando fermamente queste realtà indegne di un paese che si ritiene civile. 
A differenza degli artisti dei circhi, gli animali non scelgono di esibirsi, non scelgono di essere sottoposti a duri addestramenti, di essere spostati per tutta la vita da un luogo all'altro a mezzo di viaggi estenuanti. Non scelgono di vivere in gabbia o in catene. Non scelgono di scendere in pista travestiti da pagliacci. Non sono fenomeni da baraccone ma esseri viventi dotati di dignità ed emozioni, in grado di provare dolore, umiliazione, rassegnazione, sofferenza. 

Chiediamo a quanti fossero impossibilitati a unirsi al presidio di sabato di far sentire ugualmente a gran voce il proprio dissenso. 
Lo si può fare scrivendo al Sindaco di Gorizia per invitarlo a emanare urgentemente un'ordinanza che di fatto impedisca l'attendamento di circhi con animali sul territorio.  

Questi gli indirizzi:
ettore.romoli@comune.gorizia.it
urp@comune.gorizia.it 

comune.gorizia@certgov.fvg.it 

Vi invitiamo anche ad aderire numerosi alla Petizione popolare nazionale per un circo senza animali, promossa dalla LAV:
http://www.lav.it/index.php?id=1649


Qui l'evento Facebook per il presidio a Gorizia: 

*fonte LAV



Fonte: 
essereAnimali, Il CIRCO non è divertente per gli ANIMALI, 17 marzo 2012


mercoledì 10 ottobre 2012

UN FUMETTO PER GLI ANIMALI: ASTA BENEFICA PER IL RIFUGIO DINGO DI PORDENONE


Un'asta benefica di tavole originali e una mostra: queste le iniziative con le quali il fumetto pordenonese si mobilita per gli animali del rifugio Dingo, realtà che da anni ospita numerosi gatti e altri animali abbandonati e che oggi si trova in serie difficoltà economiche.

Questa lodevole iniziativa vede protagonisti i migliori disegnatori della provincia, che hanno messo a disposizione una selezione delle proprie tavole originali: si potranno ammirare dal 13 al 31 Ottobre presso la sala espositiva della Biblioteca di Pordenone e saranno battute all'asta su ebay; l'asta è già aperta al pubblico ed è consultabile online a questo indirizzo:
http://members.ebay.it/ws/eBayISAPI.dll?ViewUserPage&userid=aste_dingo

Questa la rosa degli autori coinvolti :


Stefano Bernabei
Emanuele Barison
Francesco Codolo
Paolo Cossi
Giulio De Vita
Ugo Furlan
Tania Giacomello
Massimiliano Gosparini
Natascia Raffio
Giancarlo Tenenti
Romeo Toffanetti
Marco Tonus
Davide Toffolo
Andrea Venerus

I proventi dell'asta andranno interamente devoluti all'associazione Dingo: http://www.rifugiodingo.it/


L'inaugurazione della mostra si svolgerà 

Sabato 13 Ottobre alle ore 17,30 
negli spazi espositivi della Biblioteca Civica di Pordenone (Piazza XX Settembre) 
INGRESSO GRATUITO

lunedì 8 ottobre 2012

TESTIMONIANZA SULLA SETTIMANA VEGETARIANA MONDIALE


L'aperitivo vegan che avevamo organizzato lo scorso anno in occasione della Settimana Vegetariana Mondiale era stato un successo superiore alle nostre aspettative, tanto che Cucina33 (il locale che ci aveva allora ospitati) ci ha chiesto di replicarlo anche quest'anno, con nostra piacevole sorpresa.

E anche quest'anno ci riteniamo davvero soddisfatti, con così tante persone venute, ancor più numerose dell'anno scorso, a conoscere la scelta vegan e ad assaggiare i piatti che abbiamo cucinato. E' stata una serata bellissima che ha avuto inizio alle 1830 e si è protratta fino a tardi, con tanta gente che non conoscevamo (questa è per noi la cosa più significativa di tutte) e che si è dimostrata sinceramente interessata a conoscere non solamente cosa stava mangiando ma anche le motivazioni che stanno alla base dello stile di vita vegan. Dopo una breve presentazione dell'aperitivo e della Settimana Vegetariana Mondiale ci siamo messi a disposizione di quanti desiderassero avere consigli, ricette, o semplicemente scambiare esperienze e fare domande. A dare calore alla serata è stato il fatto che parte delle pietanze venivano cucinate da noi al momento, e questo ha messo a proprio agio le persone che, vedendoci all'opera, si sentivano stimolate a fare domande su ciò che preparavamo. Ci è stato richiesto diverso materiale informativo, che non abbiamo mancato di distribuire e che è stato molto gradito. Quella degli assaggi vegan è un'esperienza che ci sentiamo di consigliare a tutti: è un po impegnativa, ma può dare grandi soddisfazioni e ci sentiamo di dire che ne vale davvero la pena. Cogliamo l'occasione per fare un ringraziamento speciale alle persone che hanno "fatto la differenza" ai fornelli, rendendo questa una serata unica: Giacomo, Marianne, Alessandra e Alessandra...ottimi cuochi vegan, ma soprattutto persone di cuore.