giovedì 31 maggio 2012

RICHIAMI VIVI: COMUNICATO STAMPA DELL'EURODEPUTATO ANDREA ZANONI




Comunicato del 30 Maggio 2012

I richiami vivi entrano al Parlamento Europeo

Per la prima volta nella storia del Parlamento europeo si parla del benessere dei richiami vivi, usati nella caccia, grazie all'approvazione di un emendamento presentato da Andrea Zanoni (Eurodeputato IdV) alla relazione sulla "Strategia dell'Unione europea per la protezione e il benessere degli animali 2012-2015".
Zanoni: "Bisogna porre fine all'uso barbaro, incivile e ormai inaccettabile dei richiami vivi nella caccia da appostamento ai piccoli uccelli migratori"

Oggi la Commissione ENVI - Ambiente, Salute pubblica e sicurezza alimentare ha approvato, con 33 voti a favore, 16 contrari e 11 astenuti, una relazione che chiede alla Commissione europea di rafforzare la strategia Ue per la protezione e il benessere degli animali 2012-2015.

Durante la votazione sono stati approvati gli emendamenti proposti da Andrea Zanoni, Eurodeputato IdV e vice presidente dell'intergruppo Benessere degli animali al Parlamento europeo, uno dei quali, il 49, prevede che "la legge quadro europea sul benessere degli animali debba includere misure volte a risolvere il problema del possesso di uccelli selvatici, catturati o allevati, utilizzati come richiami vivi nella caccia di uccelli migratori, in condizioni incompatibili con la loro natura".

Prima d'ora al Parlamento Europeo non si era mai parlato di richiami vivi i quali erano praticamente inesistenti per le norme di tutela degli animali.

I richiami vivi sono gli uccelli utilizzati nella caccia ai piccoli uccelli migratori canori in particolare nelle regioni del Veneto e Lombardia. Provengono da catture effettuate con le reti da uccellagione in deroga alla direttiva Uccelli 147/2009/UE che le vieta tassativamente. Di norma sono di sesso maschile e appartengono alle specie: Allodola, Tordo bottaccio, Tordo sassello, Cesena, Merlo ma anche Fringuello, Peppola, Pispola e Prispolone (VIDEO).

Un uccello da richiamo per essere utilizzato deve poter emettere il canto nuziale che in natura viene emesso in primavera. La caccia agli uccelli migratori viene pero' esercitata in autunno quando questi uccelli non cantano pertanto vengono sottoposti ad un trattamento artificiale che ne stravolge il proprio ciclo biologico al fine di farli cantare in un periodo innaturale, ovvero in autunno. Il trattamento consiste nel simulare l'inverno, cioè la stagione che precede la primavera. Questi poveri animali sono detenuti in primavera e in estate in locali quasi bui, con pochissimo cibo; gli vengono strappate alcune penne delle ali, del corpo e della coda per indurre il cambio di piumaggio artificiale, ovvero la muta. Questo trattamento ha come risultato lo sconvolgimento del ciclo biologico con il risultato che canteranno in autunno - inverno.

I cacciatori detengono questi animali in piccole gabbie, i contenitori di acqua e cibo sono interni alla gabbia e perciò questi animali possono defecare sull'acqua e sul cibo con problemi igienici rilevantissimi. Le gabbie hanno i contenitori di cibo e acqua interni per evitare sporgenze esterne consentendo ai cacciatori di trasportare decine di gabbie nel bagagliaio delle loro auto. Dopo qualche anno gli animali perdono molto del loro piumaggio, si atrofizzano le ali, si creano vari tipi di lesioni.


La mortalità è altissima perciò ogni anno, sempre in violazione della Direttiva Uccelli (c'è un caso EU PILOT di infrazione aperto presso la Commissione Europea), vengono catturate migliaia di questi animali per sostituire quelli che muoiono.

Andrea Zanoni, Eurodeputato IdV e vice presidente dell'intergruppo Benessere degli animali al Parlamento europeo ha così commentato la votazione di oggi: "Bisogna porre fine all'uso barbaro, incivile e ormai inaccettabile dei richiami vivi nella caccia da appostamento ai piccoli uccelli migratori. Sono contento che il mio emendamento sia passato a larga maggioranza, ho dovuto faticare un po' per far capire ai miei colleghi della commissione di che cosa si trattava perché a quanto pare nel resto d'Europa questa nefandezza è sconosciuta e l'Italia e' l'ultimo dei paesi UE che fa uso di questa barbara pratica. Ora seguirò l'iter di questa relazione che dovrà essere votata dalla Commissione AGRI - Agricoltura e in seguito dal Parlamento Europeo".

Ufficio Stampa On. Andrea Zanoni

FONTE: bit.ly/Ljdtd3
http://www.andreazanoni.it

lunedì 21 maggio 2012

L’UNICA VIA PER DIRE "NO" ALLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE - di Leonardo Caffo



di Leonardo Caffo
La sperimentazione animale è una pratica scientifica elaborata a scopo di studio e ricerca su animali “da laboratorio”, per fini farmacologici, fisiologici, fisiopatologici, biomedici e biologici. A seconda del contesto di applicazione, e dei risultati sperati, gli esperimenti sugli animali possono avere natura variegata. Diffusa è la pratica di indurre, su un campione animale, specifiche patologie per testare farmaci, ad altre pratiche con valore terapeutico.
Nella maggior parte dei casi, agli animali possono essere, per esempio, inoculate sostanze chimiche, batteriche o virali; vengono effettuate mutilazioni di arti e, se serve, gli animali possono essere esposti a radiazioni ovviamente nocive. Tale pratica, erroneamente chiamata “vivisezione”, fornisce un primo, e fondamentale, elemento per riflettere sui limiti della scienza. C'è un fatto scientifico – quello dell'ottenere nuove conoscenze tramite la sperimentazione – e c'è un fatto etico – quello della sofferenza degli animali non umani che diventano mezzi per queste conoscenze. Non starò qui ora a raccontare, per l'ennesima volta, l'indubitabile sofferenza animale (si veda, mi permetto, il mio Soltanto per loro) ma darò per scontato – concedetemelo – che tutti concordino che l'animale da laboratorio, in quanto possessore di un sistema nervoso centrale, sia in grado di esperire il mondo, e di soffrire tanto quanto un'altra macchina corporea – ivi umana inclusa. C'è dunque qualcosa che permette all'umano di continuare a proporre pratiche scientifiche ingiuste sotto il profilo etico. E questo qualcosa, è il disconoscimento totale dell'etica come disciplina oggettiva.

Ancora, e per meglio chiarire il punto, potremmo dire che è proprio la convinzione che la scienza sia qualcosa di “serio”, mentre l'etica no, a portare l'umano verso i deliri onnipotenti delle infinite sorti e progressive. Credo che quello della sperimentazione animale sia il caso migliore da analizzare per ragionare sul rapporto tra etica e scienza, e per comprendere quanto di questo rapporto sia falso – un falso rapporto, insomma. Esistono due diversi modi – isolati in letteratura – per opporsi alla vivisezione. Antivivisezionismo etico (AVE) e scientifico (AVS): il primo si oppone alla vivisezione per motivi etici, discutendo il limite della scienza che qui ci siamo riproposti di trattare, il secondo – per sudditanza nei confronti della scienza – cerca di attaccare le pratiche scientifiche dal loro interno, dunque con altre argomentazioni scientifiche. Io argomenterò in favore dell'AVE, contestando alle sue radici l'AVS cercando di far comprendere che, se si vuole trovare un limite etico alle pratiche scientifiche, questo non può essere un limite a sua volta scientifico. Chi si oppone scientificamente alla vivisezione sostiene che ogni specie animale possieda propri caratteri biologici non confrontabili, pertanto sperimentare su una specie differente dalla nostra rappresenti un azzardo scientifico, poiché non sapremo mai a priori se quanto osservato negli animali corrisponde a quanto accade nella nostra specie. In buona sostanza ci si oppone alla presunta uniformità di paradigmi diversi – ciò che vale per un topo, può non valere per un umano.

La scienza sarebbe idiota, se questa critica cogliesse il punto – ed infatti non lo coglie, perché la sperimentazione animale, parte di un più vasto sistema di sperimentazione, serve eccome. E il suo servire, sia chiaro, è vincolato ad un concetto di “utile” che il pensiero scientifico fissa a monte del suo darsi. Entriamo nel merito.

La sperimentazione dei farmaci, ad esempio, è divisa in due macro – fasi:

(1) La sperimentazione pre – clinica, in cui il preparato, frutto della ricerca teorica, deve subire un test prima di essere sperimentato sull'uomo e viene dunque somministrato su un cosiddetto modello sperimentale della malattia, vale a dire un sistema che “esibisce” lo stesso bersaglio farmacologico per cui si studia il farmaco. Talvolta, il modello può essere un semplice modello matematico, ma nella maggior parte dei casi assistiamo o ad una coltura di cellule (modelli in vitro, detti erroneamente “alternativi”), o – e qui entriamo nel nostro terreno - su animali da laboratorio (modelli in vivo)[1];

(2) La sperimentazione clinica, divisa in quattro fasi principali – (I) Farmacologia clinica, (II) studio di efficacia, (III) studio multicentrico e, infine, (IV) gli studi condotti dopo la commercializzazione del farmaco. In nessuna di queste quattro fasi sono presenti studi su animali.

Sorge dunque spontanea la prima domanda: in un processo così lungo ed elaborato (dura anni), in cui la meticolosità si accoppia a studi e pubblicazioni scientifiche, perché l'inutilità del modello animale assume un ruolo centrale per coloro che argomentano utilizzando l'AVS? È ovvio che il farmaco finale, quello messo in commercio, è in minima parte frutto della sperimentazione animale e il suo presunto mal funzionamento è, difficilmente, imputabile all'utilizzo del modello animale. Ma andiamo avanti, e cerchiamo di vederci chiaro. Secondo coloro che si oppongo tramite la scienza, alla scienza stessa, entro la fase pre – clinica, l'uso di animali comporterebbe l'errore di paragonare organi animali, e umani, solo perché svolgono la stessa funzione. Se prendessimo, ad esempio, i modelli animali che vengono utilizzati in tossicologia, ci accorgeremmo – secondo un'ipotesi diffusa entro l'antivivisezionismo scientifico – che la sovrapposizione dei risultati non supera il 25% e che dunque, con un dato così poco efficace, non solo non possiamo validare il modello ma dovremmo dichiararne la sua inaffidabilità. Beata ignoranza, viene da dire.

Tutto ciò avrebbe senso se e solo la sperimentazione animale fosse l'unico step prima della commercializzazione del farmaco. Quel 25% è oro per gli scienziati che, sia chiaro, non sperano di avere sovrapposizioni totali tra modelli diversi, ma vogliono proprio sfoltire il più possibile l'incertezza. Ciò che rimane incerto, verrà reso certo (o quasi) nelle quattro fasi che abbiamo detto che, proprio grazie alla sperimentazione animale, avranno il 25% per cento in meno di possibilità di andare a cattivo fine. Se la vita animale non vale nulla, mentre quella animale vale la scienza stessa, allora quella che per gli antivivisezionisti scientifici è una bassa percentuale, per gli scienziati è un dato essenziale. Qui risiede quel concetto di “utile” di cui parlavamo, e che ha portato filosofi come Peter Singer (si pensi al suo Liberazione Animale) a formulare un suo antagonista, basato su un utilitarismo delle preferenze che si applichi anche agli animali non umani. Insomma, ci si oppone alla sperimentazione animale perché c'è un problema etico, ma si usa la scienza perché si pensa che l'etica non abbia il potere per contrastarla. Niente di più falso, e di questo potere oggettivo dell'etica dovremmo cominciare a parlare diffusamente, perché senza una morale che esuli da questioni di gusti, tutto è concesso.

L'antivivisezionismo etico, fa qualcosa di più che discutere un nuovo concetto di utile: ovvero va oltre lo stesso pensiero singeriano. Ammettiamo, per esperimento mentale, che il modello animale sia essenziale – necessario – per la nostra scienza, ovvero, che senza non si possa ottenere un dato sostanzialmente accettabile per commercializzare i farmaci. Se la vita animale e quella umana hanno lo stesso valore, questo il senso dell'antispecismo, allora non possiamo mai sfruttare un animale per benefici di un altro animale (l'uomo). Dunque, anche se la sperimentazione animale fosse necessaria, per chi usa l'AVE, non avremmo comunque diritto di avvalerci di questa pratica scientifica. Ma non è ancora tutto, demolire l'AVS e la sperimentazione animale è possibile anche utilizzando un altro caso paradigmatico: quello della sperimentazione su animali per altri animali – ipet. Se sosteniamo che il problema della sperimentazione risiede nella variazione di paradigma, per cui il topo è rotondo mentre l'uomo è quadrato, rischiamo di rimanere senza nessun argomento, “avviluppati” direbbe il Sagredo galileiano, dinnanzi ad un'argomentazione che uno scienziato con velleità neanche troppo filosofiche potrebbe farci a proposito della sperimentazione su animali come gatti e cani “senza padrone”, volta a trovare farmaci, o migliorare il cibo, per i cani e i gatti domestici. In un caso del genere, infatti, assistiamo ad un paradigma 1:1 per cui la sovrapposizione genetica è totale, e la scienza minore di chi usa l'AVS svela la sua inutilità di fronte alla scienza, diciamolo francamente, con la “S” maiuscola.

Opporsi alla sperimentazione, in un caso del genere, è possibile solo per mezzo dell'etica che deve rivendicare l'uguale diritto alla vita dell'animale non umano che soffre, ha cognizione del mondo, ed è dunque cosciente e inorridito da quanto gli capita. Il problema della sperimentazione non è scientifico, ma etico. Fin quando non capiremo questa banalità filosofica, la Scienza contro cui si oppone la scienza, avrà sempre il diritto di disporre della vita degli altri che, resi “cose”, porteranno sicuramente un vantaggio a chi invece è concesso la statuto ontologico di “individuo”.

fonte http://asinusnovus.wordpress.com/2012/05/20/lunica-via-per-dire-no-alla-sperimentazione-animale/

martedì 8 maggio 2012

MODIFICA PEGGIORATIVA AL REGOLAMENTO TUTELA ANIMALI DI PORDENONE



[AgireOra] [PROTESTA]  
Modifica peggiorativa al regolamento tutela animali 
di Pordenone

L'assessore per le Politiche Sociali del Comune di Pordenone Vincenzo Romor (insediatosi lo scorso anno), attraverso una modifica del Regolamento di tutela animali di cui il Comune è dotato da anni, vuole far tornare il circo in città, nello specifico il circo Orfei.

Si fanno dappertutto pressioni sui Comuni per impedire l'attendamento dei circhi, e in un Comune in cui da ben 10 anni si è riusciti a evitare il circo, che si fa? Lo si vuole far tornare! La cosa va assolutamente impedita!

Ecco la notizia, pubblicata sul Gazzettino (Edizione di Pordenone) Venerdì 4 Maggio 2012:"Circo, nuove regole per aiutare Dumbo" http://bit.ly/IzAWby

Macché aiutare Dumbo, le nuove regole per far bastonare Dumbo, bisognerebbe dire!

Chiediamo vengano mandate mail direttamente all'assessore e alla stampa locale:  il regolamento NON DEVE ESSERE TOCCATO!

Scriviamo a:
Vincenzo.romor@comune.pordenone.it, sindaco@comune.pordenone.it, pordenone@gazzettino.it, pordenone@messaggeroveneto.it


oppure, per i programmi di posta che necessitano del ";" come separatore:

Vincenzo.romor@comune.pordenone.it; sindaco@comune.pordenone.it; pordenone@gazzettino.it; pordenone@messaggeroveneto.it

Ecco una lettera-tipo da cui prendere spunto, ma va ASSOLUTAMENTE personalizzata, e perché quando si scrive ai giornali le lettere tutte uguali sono solo controproducenti. Se proprio non la volete personalizzare, allora NON mandatela ai giornali ma solo al Comune, cioè ai primi due indirizzi:


----------------------Al Comune di Pordenone,e, p.c., agli organi d'informazione----------------------------

 Buongiorno,

 scrivo dopo aver appreso, dall'articolo apparso sul Gazzettino del 04/05/2012, che l'Assessore alle Politiche Sociali Vincenzo Romor ha manifestato l'interesse a modificare in maniera peggiorativa per gli animali l'attuale Regolamento che li dovrebbe tutelare, redatto dalla precedente Amministrazione.

Tutto ciò a favore dell'attendamento sul suolo pordenonese del circo Orfei, ma, di conseguenza, anche di TUTTI i circhi con uso animali.Non solo, vuole anche diminuire la seppur minima protezione accordata agli uccelli tenuti prigionieri in gabbia!

E' noto, tramite investigazioni corredate da documenti fotografici e video, che l'addestramento degli animali viene condotto tramite violenze inaudite, tra le quali bastonate, uncinate, shock elettrici.  Oltre alla prigionia cotinua in piccole gabbie e recinti. Tutto questo è un insulto alla dignità di esseri meravigliosi che hanno il sacrosanto diritto a una vita in linea con le proprie caratteristiche etologiche e nel proprio habitat naturale, nulla a che vedere con una misera prigionia a vita in un circo.

In tutta Italia i Comuni si stanno dotando di regolamenti per evitare il più possibile l'attendamento di circhi con animali, e a Pordenone, cosa si fa, si vuole fare invece un passo indietro? Quello che era un esempio in positivo deve diventare un esempio in negativo?

Non si deve mai tornare indietro sulle norme di protezione degli animali, perché questa è un'involuzione, un passo indietro sulla via della civiltà e del rispetto!

 I regolamenti che ci sono vanno invece fatti rispettare, e migliorati, non certo peggiorati.


Distinti saluti,
... Nome Cognome ...


venerdì 4 maggio 2012

COMUNICATO STAMPA - il Regolamento tutela animali non si tocca.



Pordenone, 04 maggio 2012

Apprendiamo dagli organi di stampa, con sorpresa e grande delusione, che l'Assessore Comunale alle Politiche Sociali Vincenzo Romor annuncia sostanziali modifiche al Regolamento Comunale sulla tutela degli animali attualmente in vigore (redatto dal precedente Assessore Gianni Zanolin).

Le modifiche prevederebbero misure meno restrittive nei confronti di manifestazioni con esposizione di uccelli (fiere ornitologico venatorie e campionati di ornitologia)
e, di fatto, il ritorno dei circhi con animali in città.

Pordenone da anni, e proprio grazie al Regolamento che ora si andrebbe a modificare, rientra fra i numerosi Comuni italiani "virtuosi" che hanno detto NO a spettacoli con animali, in primis i circhi.

I tempi sono maturi per una sempre più diffusa eliminazione degli animali dai circhi; leggi in questo senso sono state recentemente emanate in Austria, Inghilterra, Portogallo, Grecia, Bolivia, e sono in discussione in altri paesi (Norvegia, Perù, Colombia, Brasile).

Sebbene un'ordinanza anti-circo possa essere impugnata, l'Assessore Romor è certamente a conoscenza del fatto che esistono efficaci strumenti per impedire l'attendamento di circhi con animali; un esempio fra tutti è quello del Comune di Alessandria, dotato di un'ordinanza fra le più avanzate in Italia: essa non vieta l'attendamento, ma lo regolamenta ponendo norme inoppugnabili in quanto basate sulle raccomandazioni CITES, che i circhi devono obbligatoriamente rispettare nel trattamento degli animali selvatici.

I circhi, non essendo in grado di rispettare queste norme, non possono dunque attendarsi e fare il proprio spettacolo con animali. Se fanno ricorso al TAR (il tribunale regionale), perdono, perché l'ordinanza è perfettamente in regola.

Un Comune a cui sta realmente a cuore il benessere degli animali lavora e si impegna in questo senso, anche in collaborazione con le Associazioni animaliste, che si sono sempre dimostrate disponibili al dialogo e al supporto.

Ci domandiamo se il Comune di Pordenone desidera ancora seguire questa tendenza o se, al contrario, sceglierà di fare un clamoroso passo indietro.

Ce lo domandiamo poiché ci pare che l'unica preoccupazione dell'Amministrazione sia quella di non dare dispiacere alla famiglia Orfei e alla lobby dei circensi.

Citando il titolo dell'articolo apparso oggi sul Gazzettino ("Circo, nuove regole per aiutare Dumbo") desideriamo ricordare all'Assessore Romor e all'Amministrazione Comunale che l'unico vero modo per aiutare "Dumbo" e tutte le creature prigioniere nei circhi è quello di promuovere una cultura del rispetto verso tutti gli esseri viventi, scoraggiando, tramite regolamenti di tutela come quello di cui Pordenone è dotata da anni, l'attendamento di circhi che sfruttano animali.

Le parole del Regolamento non lasciano spazio ad interpretazioni e dovrebbero servire da monito: "Il Comune di Pordenone, in accordo con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale proclamata il 15 ottobre 1978 presso la sede dell’UNESCO a Parigi e con la Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia di Strasburgo del 1987, riconosce alle specie animali non umane diritto ad un’esistenza compatibile con le proprie caratteristiche biologiche."

Il circo uccide la dignità, la libertà e l'equilibrio mentale di animali tenuti prigionieri a vita.