venerdì 20 marzo 2015

I venti, di marzo


A un anno dai fatti accaduti a Pordenone a seguito dell'attendamento del circo Millennium pubblichiamo i pensieri e le riflessioni di una delle persone aggredite dagli addetti del circo. Da allora poco è cambiato in questa città, che continua e continuerà ad ospitare spettacoli con sfruttamento di animali.
Per questa, e per molte altre ragioni, è più che mai importante non dimenticare.

I VENTI, DI MARZO
Non c'è niente di più semplice e puro di una margherita che dal nulla spunta in mezzo al verde di un giardino, di un piccolo angolo di vegetazione in mezzo a un'aiuola spartitraffico, tra l'asfalto. Quanto il nostro corpo riconosce in quel bottone giallo tra i petali bianchi, la rinascita del desiderio naturale di respirare l'ossigeno della primavera. Il piovoso marzo è il lasciapassare verso il risveglio dei sensi, e il meravigliarsi di come-ogni anno-prepotentemente in corrispondenza del solstizio, siamo spettatori dei cambiamenti cromatici di un angolo di pianeta attorno a noi.
In quell'angolo di nordest, il passaggio dalla stagione fredda non si può esattamente definirlo meraviglioso. La pioggia e il vento freddo hanno accompagnato i primi giorni di primavera, portando un carico pesante di sofferenza sotto forma di scintillante spettacolo, di paillettes, musiche e cerone.
Il 20 marzo 2014 è stata una data che difficilmente si riuscirà a dimenticare.
Il 79° giorno del calendario gregoriano resterà tatuato nel nostro essere per molto tempo.
Dopo un lasso di tempo medio-lungo, a Pordenone il circo Millennium di Viviana Orfei si apprestava a festeggiare in pompa magna il grande rientro dello spettacolo itinerante con animali in una città-fortezza che aveva chiuso, con un regolamento per la tutela degli animali, il proprio virtuale ponte levatoio a questo tipo di intrattenimento.
Ricorsi e burocrazia hanno permesso che "la giraffa più alta del mondo", elefanti e tanti altri animali, fossero così esibiti di fronte a un pubblico pagante e non.
I presìdi sono iniziati proprio giovedì 20 marzo, in una serata da lupi, fredda e con la minaccia di un acquazzone in avvicinamento.
Da quel giorno era stato un susseguirsi di presìdi di protesta con la partecipazione costante di un buon numero di attivisti, cuori diversi uniti in un unico abbraccio. Lacrime di rabbia e di dolce apprensione per quelle anime sfruttate e ridicolizzate alla mercé della moneta sonante.
Che i presìdi fossero autorizzati e che la protesta si svolgesse con modalità come sempre civili e pacifiche non bastato a scongiurare ciò che ora, a distanza di un anno esatto, appare tristemente inevitabile.
Lo scontro fisico non è mai una soluzione, eppure il sordo istinto di prevaricazione era già evidente nei primi giorni, quando il presidio autorizzato si svolgeva a quasi un chilometro dal tendone, e le auto dei circensi ci passavano davanti indirizzandoci-nelle serate migliori-gesti di disprezzo e derisione.
A distanza di un anno penso che tutti i cittadini di buon senso dovrebbero fermarsi a ricordare; tre ragazze e due ragazzi sono finiti in pronto soccorso, altre decine di ragazzi e ragazze non dimenticheranno ciò che il loro occhi hanno visto. Quelle stesse persone sono poi state- nei giorni successivi all'aggressione subita- oggetto di ingiurie, derisione e diffamazioni.
Ma ai molti con la memoria labile che non ricorderanno quei 5 "delinquenti", armati dell'arma più potente di questo mondo, la compassione, voglio solo rivolgere un pensiero e una frase che sentivo spesso dire: il tempo è galantuomo.

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