Sacile, Sagra dei Osei-la gara canora |
Il 23 luglio 2015 può, a tutti gli effetti, essere considerata una data emblematica: dopo un’attesa durata anni, il Parlamento Italiano si è pronunciato sulla questione della cattura dei richiami vivi da impiegare nella caccia alla migratoria.
È stato infatti approvato, in sede di Senato, il Ddl n. 1962, recante disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea (Legge Europea 2014).
L’approvazione dell’Articolo 21 della Legge Europea pone pertanto fine all’uccellagione con reti della pubblica amministrazione, e viene inoltre introdotto (con l’Articolo 22) anche il divieto di commercializzazione di avifauna selvatica viva dall’estero.
Art. 21.
(Disposizioni relative alla cattura di richiami vivi. Procedura di infrazione n. 2014/2006)
1. Il comma 3 dell’articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, è sostituito dal seguente:
«3. L’attività di cattura per l’inanellamento e per la cessione ai fini di richiamo può essere svolta esclusivamente con mezzi, impianti o metodi di cattura che non sono vietati ai sensi dell’allegato IV alla direttiva 2009/147/CE da impianti della cui autorizzazione siano titolari le province e che siano gestiti da personale qualificato e valutato idoneo dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. L’autorizzazione alla gestione di tali impianti è concessa dalle regioni su parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il quale svolge altresì compiti di controllo e di certificazione dell’attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo di attività».
2. I commi 1-bis e 1-ter dell’articolo 16 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, sono abrogati.
Art. 22.
(Divieto di commercio di specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo. Caso EU Pilot 5391/13/ENVI)
1. La lettera cc) del comma 1 dell’articolo 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni, è sostituita dalla seguente:
«cc) il commercio di esemplari vivi, non provenienti da allevamenti, di specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri dell’Unione europea, anche se importati dall’estero».
autorizzando mezzi e metodi non vietati dalla Direttiva 2009/147/UE.
Ci siamo interrogati a lungo su questa legge che- va ricordato- scaturisce dalla Procedura di infrazione n. 2014/2006, avviata dalla Commissione europea ai danni dell’Italia in quanto nelle Regioni Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana la cattura di sette specie di uccelli (Columba palumbus, Turdus pilaris, Turdus philomelos, Turdus iliacus, Turdus merula, Vanellus vanellus e Alauda arvensis) mediante l’utilizzo di reti era stata autorizzata ed attuata in violazione della direttiva 2009/147/CE (‘direttiva Uccelli’) che invece vieta espressamente la cattura degli uccelli attraverso tali reti.
La prima riflessione che abbiamo fatto verte proprio su questa questione: il governo italiano si è visto costretto ad evitare la multa che sarebbe derivata da questa procedura d’infrazione, aperta a febbraio 2014 con una lettera di messa in mora del Commissario europeo all’ambiente Janez Potočnik al Ministero degli Affari Esteri.
Prenderne atto è, purtroppo, una magra consolazione. A voler essere franchi fino in fondo, se il governo avesse inteso porre per sempre fine al barbaro trattamento riservato ai richiami vivi, non avrebbe in primis avuto bisogno di attendere la messa in mora del Commissario europeo, e avrebbe, in secondo luogo, potuto vietare definitivamente (e coraggiosamente, aggiungiamo noi) non solo la cattura bensì l’impiego di questi uccelli nelle battute di caccia da appostamento, e non dando ai cacciatori la possibilità di continuare ad utilizzarli se provenienti da allevamento, o lasciando pericolosi spazi di interpretazione sull’uso delle reti.
Non a caso, infatti, il mondo venatorio decide, nei giorni seguenti all’approvazione del Ddl n.1962, di intervenire con dichiarazioni come questa:
“Le Associazioni Venatorie Federcaccia, Enalcaccia, Arci Caccia e ANLC, sottolineano come la norma, così come approvata, consenta l’utilizzo degli impianti di cattura da parte di privati, ad esempio per la cattura degli uccelli da destinare e/o cedere agli allevamenti.
E ciò anche quando, come gli storici “roccoli”, detti impianti siano dotati di reti verticali selettive e non lesive, dal momento che la Direttiva “Uccelli” non vieta in modo assoluto ogni tipo di rete così come confermato dal fatto che la Direttiva “Habitat”, non a caso, consente la cattura dei mammiferi con reti selettive.
Sicché per non perpetuare le solite incongruenze in danno dell’Italia, la lettura coordinata delle due direttive consente di affermare che l’art. 21 del D.D.L. n. 1962 non comporta alcuna limitazione ed è semmai destinato a recedere rispetto alla corretta e ragionevole interpretazione delle norme comunitarie.”
Vedremo naturalmente come la questione sarà affrontata nei prossimi mesi, ma abbiamo la sensazione che questa tanto attesa “vittoria” possa rivelarsi una vittoria a metà, anche alla luce di dichiarazioni come quella dei senatori del PD Massimo Caleo e Stefano Vaccari, rispettivamente capogruppo e segretario nella Commissione Ambiente :
“Con il nostro ordine del giorno, che è stato approvato da tutta la Commissione Ambiente e accolto dal Governo in 14° Commissione, chiediamo di chiarire meglio quali siano gli impianti consentiti, dal momento che la ‘Direttiva uccelli’ non ha inteso in alcun modo vietare l’uso di richiami vivi”. (…) “La Direttiva uccelli – spiegano i due senatori – stabilisce che gli uccelli possono essere prelevati in piccole quantità, in modo selettivo e non massivo, attraverso l’uso di determinate reti, quali per esempio quelle utilizzate per le attività di indagine ornitologica (in uso ad ISPRA) che consentono la cattura ma anche l’immediata liberazione delle specie non consentite.
Con il nostro ordine del giorno chiediamo pertanto al Governo di chiarire l’interpretazione del termine ‘impianti’ inserito nella legge europea. Gli impianti gestiti su autorizzazione regionale, infatti, soprattutto quelli a reti verticali, rappresentano elementi tipici e tradizionali in molte regioni, gestiti con professionalità e competenza e non comportano rischi di uccisioni di massa, proprio come previsto dall”articolo 8 della Direttiva”
Ecco già aprirsi-a quanto pare- nuovi scenari, ipotesi di metodi di cattura che aggirino il divieto, portando di fatto al mantenimento dello status quo.
I cacciatori, si sa, hanno sempre preferito gli uccelli catturati in natura, considerandoli molto più “efficienti” nel richiamo dei loro conspecifici durante le battute di caccia.
Per cui ci chiediamo se “fatta la legge” sarà trovato il solito inganno. I fatti ci insegnano come il divieto di compravendita di uccelli selvatici viventi in Europa non di allevamento possa essere ovviato attraverso pratiche illegali già in uso: la prassi di falsificazione degli anellini inamovibili, che dovrebbero identificare la provenienza dell’animale (come questo video dimostra) è molto diffusa e può vanificare qualsiasi possibilità di distinguo tra uccelli da allevamento ed esemplari catturati illegalmente, o di dubbia provenienza.
Cosa cambierà, poi, nella realtà delle fiere ornitologico venatorie? Quali effettivi benefici ne deriveranno per migliaia di uccelli da richiamo?
Nessun beneficio, perché gli uccelli da richiamo saranno ancora la “punta di diamante” di queste fiere, che, con la gara canora, continueranno a celebrare il mondo della caccia fingendo di celebrare il canto della natura.
Dal Ddl n.1962 è, infatti, del tutto assente la questione degli uccelli da richiamo utilizzati nelle fiere ornitologico venatorie, come per l’appunto la sagra dei Osei di Sacile. Alla fine, e questo naturalmente non è di poco conto, la nuova legge va a recepire solo quanto previsto dalla Direttiva comunitaria 2009/147/Ue che vieta l’uso di metodi non selettivi per la cattura degli uccelli, ma che non abolisce l’uso dei richiami vivi, come sarebbe sacrosanto auspicarsi in un paese che vuole definirsi civile.
Perché la vita di un uccello da richiamo, che sia esso impiegato in una battuta di caccia o in una gara di canto, è la stessa misera vita di un prigioniero.
I richiami vivi continueranno ad essere allevati, ad essere impiegati nella caccia da appostamento, continueranno a vivere un’esistenza che non è vita in gabbie anguste, nella penombra di uno scantinato, continueranno ad essere sottoposti a muta artificiale, ad essere indotti a credere che la stagione dell’amore coincida con la stagione venatoria, continueranno-appesi in batteria- a chiamare alla morte i propri fratelli.
Questa continuerà ad essere la loro condanna, e anche se il Ddl 1962 rappresenta in qualche modo un passo importante, crediamo-pensando alla prigionia di questi animali- che vi sia ancora così poco di cui essere felici.
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