lunedì 19 maggio 2014

Gli animali? Stanno tutti bene...


Ogni qual volta contestiamo un evento che prevede l’utilizzo di animali (circo con animali, Sagra dei osei e altre fiere venatorie, spettacoli come il Country Christmas) la replica a cui maggiormente ricorrono gli organizzatori è quella del "benessere" degli animali impiegati, unita al diniego di qualsivoglia forma maltrattamento e alla rassicurazione su quanto gli animali siano amati e bene accuditi.

Repliche di questo tenore, talvolta anche a cura delle istituzioni locali che ospitano o addirittura patrocinano queste manifestazioni, sono poi riportate con enfasi dai media, contribuendo a far passare così un doppio messaggio: "gli animali stanno bene" / "le proteste degli animalisti sono pretestuose e immotivate". E poi ci sarebbe sempre qualcosa di più importante di cui occuparsi, come si premura di ricordarci proprio in questi giorni la Sig.ra Busetto della Pro Sacile, paladina della Sagra dei osei.

Il punto è, in realtà, di una semplicità disarmante: occorrerebbe fare una volta per tutte chiarezza su cosa sia il benessere di un animale e su cosa si intenda per maltrattamento.

Cos’è il benessere di un animale ?
Dopo l’uscita del libro di Ruth Harrison, "Animal Machine" (1964), in cui si denunciava la sofferenza degli  animali all'interno degli allevamenti intensivi, fu istituita una commissione (Commissione Brambell) intitolata a elaborare delle linee guida sul benessere animale.
Il Brambell Report fu pubblicato nel 1965 e, nonostante nel rapporto in questione si facesse chiaramente anche riferimento alla necessità di rispettare le caratteristiche etografiche dell’animale, la visione di "benessere animale" che si andò a consolidare nell’ambiente accademico fu quella che un’alimentazione adeguata, riparo da intemperie, assenza di stress o di malattie, libertà dalla sofferenza e dalla paura fossero sufficienti per garantire una vita “dignitosa” all’animale.


Naturalmente per noi, come per chiunque (singolo o associazione) sia impegnato nella tutela dei diritti animali, le cose non possono stare a questo modo: una prigione dorata non sarà mai accettabile né compatibile con il concetto di rispetto per gli animali, né con quello di benessere.

Se si vuole seriamente parlare di benessere non si può prescindere da quelli che sarebbero i comportamenti innati di una specie qualora essa si trovasse - in libertà- nel suo ambiente naturale. 
Un uccello nasce per volare e certamente non per trascorrere la propria vita in una gabbia: per quanto grande essa sia e per quante cure e cibo gli siano destinati, egli mai potrà esprimere liberamente i suoi bisogni etologici ed essere se stesso, così come la natura l’ha voluto.
La condizione di detenzione mai potrà sostituire un ambiente naturale che gli è stato arbitrariamente ed aprioristicamente negato.

Non ci sono- in assoluto- le condizioni per poter parlare di benessere, se non attraverso una visione che vuole l’animale e i suoi bisogni in funzione dei desideri dell’uomo.

Di fronte a un qualsiasi documentario naturalistico salta inequivocabilmente all'occhio la distanza siderale tra la vita che l’uomo impone agli animali (in spettacoli come i circhi e non solo) e quella che in natura ogni specie realizza.
Un leone nutrito e spazzolato tutti i giorni, un uccello che trascorre la propria vita in una gabbia senza che cibo e acqua gli vengano a mancare, possono essere felici? La nostra risposta potrà sempre e solo essere NO.
Tanto più la vita di questi animali è distante da ciò che essa sarebbe stata in natura, maggiore è il sopruso che l’uomo perpetra nei loro confronti.

Questo non dovrebbe essere un concetto tanto difficile da comprendere; quale uomo vorrebbe una vita sicura, con cibo e riparo garantiti  in un palazzo con le pareti d’oro, senza la benché minima libertà di esprimere la propria personalità, seguendo istinto, desideri e aspirazioni?

L'essere nati in cattività non fa certo di alcuni di loro animali diversi da ciò che l’evoluzione ha prodotto in migliaia di anni. Fabbricare generazioni di schiavi e descriverne la schiavitù come condizione essenziale alla loro sopravvivenza è una contraddizione in termini, priva di qualsivoglia nesso logico.

Ogni evento che prevede l'utilizzo di animali in rappresentazioni concepite per il divertimento del pubblico nasconde, inoltre, un’altra insidia, silenziosa ed invisibile: l’educazione all'insensibilità, insita in spettacoli che costringono gli animali a situazioni del tutto irrispettose dei loro bisogni e delle loro caratteristiche di specie. Non si dimentichi che essi sono dotati di dignità propria quali esseri viventi; le relazioni che stabiliamo con loro in contesti di questo genere, lungi dall’essere neutre, sono elementi in grado di incidere sull’emotività, sul pensiero e sulla formazione/educazione dei bambini, che vedranno così nell’animale non un essere vivente con una dignità da rispettare, bensì una cosa di cui il soggetto più forte (uomo) può disporre a proprio piacimento.

Naturalmente quanto sopra esposto non implica che non vi siano anche forme di maltrattamento nel senso classico del termine: basti pensare all’addestramento che questi animali (impiegati, ad esempio, nei circhi) devono subire per rispondere ai comandi. E molte altre sevizie sono celate e solo raramente raggiungono il grande pubblico, o vengono rilevate dagli organi preposti ai controlli.

Alla luce di tutto questo, quando i media ci mostrano immagini di animali che sonnecchiano tranquilli accanto a circensi sorridenti oppure ad "amorevoli" allevatori, espositori e vincitori della gara canora della Sagra dei osei di Sacile, quando i controlli non riscontrano "nulla di rilevante", non significa che non vi siano questioni etiche che vengono abilmente eluse. Le questioni etiche, il rispetto per la vita e per la vera libertà sono argomenti di cui pochi amano parlare.
Meglio preoccuparsi della salvaguardia del bocciodromo, come fa il sindaco di Aviano dinnanzi alla notizia del presidio animalista contro l'attendamento del circo, e ancora una volta il nostro appello per una società capace di rompere con un passato imbarazzante resterà inascoltato, sovrastato da confortanti immagini di animali "ben tenuti" e di animalisti "che sanno solo insultare e offendere".
Anche se così non è.

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