mercoledì 15 gennaio 2014

Cos’è una fiera degli uccelli – di Ciro Troiano


Cos’è una fiera degli uccelli o mostra ornitologico venatoria? Cos’è la sagra dei osei di Sacile?
Un luogo dove non è possibile osservare altro che animali in gabbia, privati per sempre della libertà.
E noi siamo abituati a mostrare tutto questo ai nostri bambini, a considerare come naturali queste immagini di sovraffollamento, e ci rapportiamo con l’animale in un mondo mediato da gabbie, da sbarre.

Riflettiamo per un momento sulla parola mostrare.
Mostrare, additare, far guardare, deriva dalla stessa radice di monstrum, parola che poi ha dato origine alla parola mostro.

Mostrare, additare, dà luogo a mostri, a mostri concettuali, a qualcosa di inferiore, di negativo semplicemente perché sta in gabbia. La stessa logica che in passato ha legittimato l’esistenza di veri e propri “giardini zoologici” popolati di persone, luoghi in cui venivano mostrati i cosiddetti indigeni, i neri, i “diversi”.
Oggi tutto questo naturalmente sarebbe considerato inaccettabile.
Nel caso delle mostre degli uccelli possiamo trovare la stessa ideologia, poiché non c’è molta differenza dal punto di vista filosofico e concettuale fra esposizioni come quelle legittimate in passato e una visione, ancora tristemente attuale, che fa della supremazia di una specie su un’altra la propria ideologia imperante.
Nel preciso istante in cui noi vediamo come fatto normale l’acquisizione culturale secondo cui l’animale deve essere confinato in una gabbia, in quello stesso istante manifestiamo la nostra supremazia, allo stesso modo di coloro che visitavano le esposizioni di esseri umani.
Un tema che vale la pena affrontare è indubbiamente quello delle tradizioni, poiché è su questo stesso tema che i sostenitori delle fiere ornitologico venatorie fanno leva per avallarne il perpetrarsi.
Ho avuto modo di studiare per mia personale cultura gli autori del mondo della Tradizione. Beh, il principio di fondo è che la tradizione non è un riproporre in modo sistematico comportamenti, condizioni e atteggiamenti, bensì è un vivere il simbolismo di quei valori che hanno fatto nascere la tradizione stessa. Un esempio: in epoca arcaica, durante alcune celebrazioni religiose, venivano compiuti sacrifici cruenti.
Con il tempo si decise di non ricorrere più a vite umane, sostituendole con statue di argilla: così facendo si salvò comunque il rituale, poiché l’importante era, più che il sacrificio in sé, la partecipazione emotiva e spirituale.

La vera tradizione, a Sacile, dovrebbe essere quella capace di rinnovarsi adeguandosi alle nuove sensibilità. Al contrario, nei fatti si sceglie di riproporre in modo vuoto qualcosa che non ha più alcun senso nella nostra società, e lo si fa perché si è sempre fatto così.
Uno degli argomenti in uso da parte degli organizzatori è che gli uccelli impiegati nel contesto della sagra sono nati in cattività. Io onestamente sono troppo smaliziato per credere in modo così ingenuo a questa tesi. Sicuramente gli uccelli nati in cattività non mancano; tuttavia è anche vero come, nel mondo delle fiere e delle manifestazioni ornitologiche, vi sia un sottile legame con l’illegalità venatoria, con traffici nazionali e internazionali, contraffazioni, truffe.
E anche sulla cosiddetta “attenuante” degli uccelli nati in allevamento (come se un animale allevato non avesse diritto ad essere libero) ci sarebbe molto da discutere, se non altro perché un animale che è stato allevato è, a maggior ragione, una vittima: lo è perché non ha mai visto e conosciuto la libertà e perché è stato, per così dire, generato per vivere un’intera esistenza di cattività, e ciò dal punto di vista ideologico rappresenta di per sé un’offesa, se vogliamo maggiore rispetto a un animale che è vissuto libero.
Si sostiene anche che gli uccelli frutto di cattura non possono essere venduti alle fiere: sarà proprio vero?
La legge prevede che essi siano identificabili tramite un anello inamovibile e siano tutti, esemplare per esemplare, registrati.
Ma il dato di fatto è che vi sono decine e decine di inchieste sulla falsificazione degli anelli, una pratica illegale sempre più diffusa che porta chi vi ricorre addirittura a spezzare la parte terminale della zampa dell’animale per inserire l’anello falsificato.

Anche nel caso di uccelli con anellino regolare (il cui numero deve corrispondere a un numero di registro) le truffe non mancano: alla morte di un esemplare regolarmente registrato alcuni non fanno altro che sottrarre l’anello e inserirlo a un nuovo esemplare catturato illegalmente. Il gioco è fatto. In generale nel mondo delle fiere ornitologiche queste cose accadono. In Sicilia, ad esempio, è stato dimostrato un traffico internazionale di uccelli rapaci con falsi anelli (stiamo parlando di specie inquadrate dalla normativa Cites).
A Palermo e a Napoli esistono mercati illegali di fauna selvatica dove centinaia di cardellini alimentano un vasto giro d’affari non autorizzato. Che fine fanno questi animali?
Esiste una rotta interna che porta al nord? La risposta è si.
Più di una volta, nell’ambito di numerose operazioni di polizia giudiziaria, sono stati intercettati carichi di animali pronti ad essere spediti nel nord Italia.

Esiste un traffico internazionale che vede il nord Italia, Friuli compreso, come punto di riferimento? Anche in questo caso la risposta è si.
Esiti investigativi hanno visto protagonisti allevatori che importavano nel nord Italia esemplari vivi di animali, oltre a centinaia di anelli contraffatti.

Un altro legame che spesso non si prende in considerazione è quello tra queste manifestazioni e il mercato della tassidermia illegale.
Che fine fanno gli uccelli quando muoiono? Molti di essi trovano come destinazione finale proprio la tassidermia illegale, che alimenta un ricchissimo mercato a livello internazionale.

Una domanda che sarebbe interessante farsi, in generale e nel caso specifico di Sacile, concerne il trasporto delle migliaia di esemplari esposti durante la manifestazione. Se in occasione di un sequestro giudiziario si ha necessità di trasportare degli animali la normativa vigente prevede che si debba essere dotati di un mezzo autorizzato al trasporto di animali (il cui conducente sia a sua volta autorizzato a tale trasporto).
Viene legittimamente da chiedersi se in occasione della Sagra dei osei di Sacile siano fatte osservare queste stesse regole.
E’ anche importante non perdere mai di vista la forte relazione con il mondo venatorio.
Cos’è infatti la gara canora, evento principe di qualsiasi fiera ornitologica, se non un mettere in evidenza gli uccelli da richiamo dei capannisti
L’uccello da richiamo è un animale che (se anche non avesse subito tutti i maltrattamenti di cui abbiamo parlato fin’ora) è stato, nella migliore delle ipotesi, privato della sua libertà fin dalla nascita.
Tenuto in scantinati bui, spogliato delle più elementari esigenze specie-specifiche, ignaro persino di appartenere alla propria specie, egli altro non è che uno strumento, una “cosa”.
Molti allevatori sostengono di amare i propri animali e alcuni arrivano finanche a piangerne la morte.
Essi piangono come chi piange la perdita di un cellulare o un graffio alla macchina: non un pianto che nasce dall’empatia e dal riconoscere la sofferenza dell’altro, ma un pianto che nasce dal disagio di aver perso una un oggetto di proprietà.
Il male strisciante di eventi come le Fiere ornitologico venatorie è rappresentato dalla supremazia, ovvero dal considerare gli animali alla stregua cose, in una visione che non risponde a quella nuova e sempre più diffusa sensibilità che va al di là dei confini di specie.

Voglio ricordare un precetto kantiano a cui sono molto legato: “fa che ogni tua azione possa diventare legge universale”. Questa citazione non può limitarsi solamente alla specie umana: non siamo né gli unici abitanti di questo mondo né tanto meno i più intelligenti, per cui dobbiamo- ora più che mai- comprendere che esistono altre esigenze, altri interessi e altre vite emotive che vanno riconosciute.

Sulla facciata di una delle Vele di Scampia c’è un bellissimo murale che raffigura un cardellino, specie che è stata utilizzata, sfruttata e annientata e che rappresenta un simbolo di libertà e riscatto.
Il mio augurio è che si superino manifestazioni come le fiere ornitologico venatorie, portatrici di una cultura della violenza, della sopraffazione e, perché no, dell’odio.

Non vi può essere amore senza dignità, e un animale in gabbia è un animale privato soprattutto della sua dignità.


Ciro Troiano



Ciro Troiano, napoletano, perfezionato in “Antropologia criminale e metodologie investigative” e in Criminologia, ha fondato nel 1999 l’Osservatorio Nazionale Zoomafia della LAV. Il suo nome è legato a numerose operazioni di polizia in difesa degli animali e della fauna. È stato più volte vittima di minacce e aggressioni. È stato direttore di corsi di formazione regionali per guardie zoofile e ha insegnato, presso le scuole della Polizia, dei Carabinieri e della Forestale, “tecniche di contrasto alla zoomafia” e “criminologia dei diritti animali”. Nel 1997 ha ricevuto il premio nazionale “Miglior azione di conservazione” per la sua attività svolta in condizioni ambientali di notevole difficoltà. Nel gennaio 2001 la rivista “La Nuova Ecologia” lo colloca tra “i cento Eroi mondiali dell’Ambiente”. Nel 2009 è stato insignito del “Premio San Francesco Città di Genova”. Nel 2011 gli è stato assegnato il “Premio Agorà” che viene conferito a “Uomini Normali” che si sono imposti per la loro “extra ordinarietà”, ad “eroi dei nostri tempi che, alla legalità, alla ricerca, alla cultura in genere, dedicano la loro quotidianità”. Cura annualmente la stesura del Rapporto Zoomafia della LAV. È autore di numerosi saggi e articoli. Tra i suoi testi: “Zoomafia, mafia, camorra & gli altri animali” (ed. Cosmopolis, Torino, 2000); “Criminologia dei diritti animali (Torino, 2001); “Bracconaggio & Criminalità” (Roma, 2001); “Combattimenti tra animali – manuale tecnico-giuridico per un’azione di contrasto” (Roma, 2006); “Il maltrattamento organizzato di animali – Manuale contro i crimini zoomafiosi”(Roma, 2007); “Criminalità e animali: analisi criminologica del fenomeno e profili di politica criminale” (Roma, 2007). Cura la parte relativa alla tutela giuridica degli animali di “Il Codice dell’Ambiente”, CELT. Ha scritto, inoltre, le voci “Ecomafia” e “Zoomafia” per il “Nuovo Dizionario di Mafia e Antimafia”, a cura di M. Mareso e L. Pepino, EGA, (Torino, 2008); la voce “Zoomafia” per il volume “Altri versi – Sinfonia per gli animali a 26 voci” (Oltre la specie, 2011); il capitolo “Zoomafia, sanzioni penali e funzioni di vigilanza” per il volume “La questione animale”, a cura di S. Castignone e L. Lombardi Vallauri, del “Trattato di Biodiritto”, diretto da S. Rodotà e P. Zatti (Milano, 2012); la voce “Zoomafia” per il “Dizionario Enciclopedico di mafie e antimafia” (Torino, 2013).

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