"(...) è un dato di fatto che, anche per il prossimo inverno, la pelliccia sia una protagonista delle passerelle. Ma in una versione che, da qualche tempo, non si vedeva. Su tutte, vince l'astrakan, che può finalmente uscire dagli armadi nei quali era stato relegato."
"(...) versatile e più democratico ora il nostro vello d'agnello interpreta con discrezione la voglia di pelliccia che non necessita degli eccessi di zibellini e cincillà. Accessori compresi: di astrakan guanti, stivali, borse e cappelli."
"(...) Il capo cult: la mantellina in lana impreziosita dal collo in pelle di karakul o il corpino effetto corazza dal taglio architettonico con inserti di astrakan"
"(...) oggi il karakul trova un ambiente particolarmente ideale nella regione africana della Namibia, nella quale ha potuto rendere il suo vello ancora più morbido, lucido, ricco di sfumature colorate naturali, duttile per le esigenze più fantasiose degli stilisti."
"(...) tutti abbiamo appeso all’attaccapanni della nostra vita un cappotto di astrakan che ci rende simili gli uni agli altri, sia nel bene che nel male."
Un agnello, anzi no.
Un capo cult, un must have, un protagonista delle passerelle il cui vello ci ha, "da sempre e democraticamente resi così simili gli uni agli altri".
Così parla l'alta moda 2012/2013 attraverso le sue recensioni, e la sentenza è, ancora una volta, un macigno per milioni di animali.
C'è, tuttavia, un dettaglio non trascurabile che l'alta moda nasconde ai suoi fruitori, forse per non turbarli con immagini che rischierebbero di riempire un frivolo vuoto di coscienza (lo stesso vuoto che ne guida gli acquisti): il loro must have era qualcuno, nella fattispecie un neonato se non, addirittura, un "mai nato".
L'astrakan è una pelliccia che si ottiene con le pelli del Karakul, una pecora nera originaria dell'Asia centrale.
Un animale dotato di un manto lucido, morbido, scuro ed arricciato, la cui "ricercatezza" va a braccetto con metodi di produzione tra i più crudeli ed efferati.
A pochi giorni dalla nascita dell'agnello, la sua pelliccia comincia a schiarire e a perdere gradualmente l'arricciatura. Per ovviare a questo "inconveniente" ecco che l'industria della pelliccia corre al riparo, assicurandosi le pelli più giovani e preziose.
E lo fa scuoiando gli agnelli a pochi giorni di vita, ma anche appropriandosi dei feti non ancora nati, molte volte uccidendo anche la madre (assieme alla creatura che porta in grembo), nel processo.
Una madre "sacrificabile" perché giunta al termine del proprio ciclo produttivo forzato (dalle 3 alle 5 gravidanze), alla quale si strappa la vita dopo averne strappato l'ultimo frutto, un figlio mai nato.
La Humane Society of the United States ha avuto il merito, anni fa, di portare all'attenzione dell'opinione pubblica tutto questo, attraverso un'indagine sulla macellazione delle pecore Karakul a Bukkara, nell'ex repubblica sovietica dell'Uzbekistan.
Il tutto è stato documentato in maniera ineccepibile, che non lascia spazio alcuno ad interpretazioni: questi ed altri orribili abusi costituiscono la norma, non l'eccezione, nello scenario di morte che è l'industria della pelliccia a livello mondiale.
Ma, a quanto pare, anche per il 2013 il versatile e vibrante vocabolario della moda mancherà di una voce: "consumatore compassionevole".
Dopotutto un cappotto di astrakan potrà render simili alcuni, ma certamente la compassione non è un must have per tutti.
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